Una storia... piccola piccola
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- Pubblicato Lunedì, 15 Aprile 2013 09:14
- Scritto da Francesco Maiorana
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Si è chiusa un altra settimana e ancora siamo al punto di partenza: “stallo”. Tante le parole pochi i fatti.
C’è chi insegue il nuovo Godot continuando a muoversi tra spocchia a basso prezzo, baggianate grossolane, il tutto condito da folkloristiche occupazioni, stile scuola anni ’70, delle aule parlamentari.
C’è chi organizza incontri per matrimoni di convenienza ma senza scambiarsi l’agognato si.
C’è chi tra abbracci e ammiccamenti, “vecchi baffi” e giovani “gigli”, dimenticano per amor di se antichi rancori.
C’è chi dice “io sto a guardare”.
Questo sceneggiata tra fratelli coltelli intanto lascia per strada un Paese in attesa, neanche più attonito perché abituato all’irresponsabile guida di chi ad “usura di parole” non sa corrispondere concretezza di azione.
In questo clima invece di aggiungere ulteriore schiamazzo mi viene in mente una piccola storia accadutami qualche anno fa, cosi mi accingo a porgerla all'attenzione dei pochi lettori.
Gennaio, Roma, Stazione Termini: incontro una giovane (italiana) disoccupata senza nessuno e con prole a carico. Se ne stava seduta in un angolo intirizzita dal freddo, non potendo fare molto (e continuo a giustificarmi) per l’imminente partenza del treno le portai qualcosa di caldo da mangiare e qualche euro.
Disse "Grazie” prendendo il suo piatto caldo e i pochi soldi, ma i suoi occhi dicevano ben altro! Il suo sguardo svelava un desiderio che superava la fame, il bisogno: "Un po’ di giustizia!!!" Quasi volendo rispondere a quegli occhi, con un mezzo sorriso imbarazzato, bofonchiai: "si fa quel che si può"... anche lei mi sorrise, ma l'espressione dei suoi occhi non mutò. Ripensai più volte a quelle mie parole stentate e di imbarazzo: " SI FA QUEL CHE SI PUÒ". Erano forse la lavatrice della mia coscienza quelle parole? Ma ancor più pensai, quanto forse esse erano la centrifuga per la coscienza opulenta di chi avendo tutto dava del suo superfluo: “si fa quel che si può" e "stiamo facendo il possibile".
Dire questo a due occhi che mangiano un po’ di brodo caldo anziché vivere una vita decorosa è solo una lavatrice ipocrita della coscienza di un mondo o di una cerchia sempre più ristretta di persone che getta in pattume quanto basterebbe per sfamare, vestire quella parte di mondo, sempre (ahimè) più grande, dove regna bisogno e ingiustizia! Donare loro una vita decorosa questo dovremmo fare!
Questo pensai, allontanandomi, osservandola mentre mangiava la sua minestra calda, questo avrei voluto rispondere a quegli occhi che chiedevano "un po’ di giustizia".
La storia semplice non ha la pretesa di fare la morale, nè di essere demagogica; tuttavia pone una piccola considerazione. La pone a noi che scriviamo ma ancor più ai signori che tra mille distinguo, molte obiezioni si barricano dietro ad uno “stiamo facendo il possibile”. Ci ricorda, la storia semplice, che dietro alle nostre azioni e ancor di più dietro alle azioni di chi ha in mano le leve del “comando” ci sono sempre due occhi che interrogano sono gli occhi del bisogno e a volte della disperazione che non chiedono “sofismi” ma urlano… SBRIGATEVI!!!
Alla prossima…
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