Gli alberi di Ataturk

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Gezi Park, Istanbul, ultimo grande polmone verde della città. Il governo Erdogan ha progettato di raderlo al suolo per sostituirlo con un immenso centro commerciale. È l’ultima grande opera dei programmi del governo turco, ed ha scatenato le ire della popolazione. Giovani, meno giovani, donne e uomini scesi in piazza per protestare. Ma non si tratta solo di un movimento ecologista, no, è ben di più: è la lotta per la laicità dello Stato turco.

Mettiamo ordine alle cose.Il governo Erdogan, attualmente al potere in Turchia, è sostenuto da un maggioranza a forte connotazione religiosa ottomano-musulmana. Nei programmi del governo, vi sono tante opere grandiose: un terzo aeroporto internazionale, la costruzione quasi avviata del terzo ponte sul Bosforo (appalto fra l’altro vinto anche da imprese italiane), la ripulitura del Corno d’Oro oggi putrescente, l’esecuzione di un secondo canale del Bosforo a fianco del primo per farci transitare solo il naviglio commerciale. Ultima in questo elenco, ma non per importanza, la costruzione di un’immensa moschea sulla collina più alta di Istanbul (Camlica) tanto che la si potrà vedere dai due continenti. Sembrerebbero, a prima vista, progetti di sviluppo per la Turchia.

Accanto a ciò, troviamo però “strani” provvedimenti. Il raki, ad esempio, bevanda secolare e nazionale del Paese, non sarà più venduto in esercizi a poca distanza dalle moschee e, comunque, in nessun luogo dalle 22 alle 6 del mattino. Sono censurate le soap opera, famose in tutto il Medio Oriente fino ai Balcani, laddove mostrino immagini ove si bevono alcolici o dove anche velatamente si mostrino scene vagamente a sfondo sessuale.

In un crescendo rossiniano, oltre 50 giornalisti turchi sono detenuti nelle carceri nazionali, molti dei quali per presunte e dirette responsabilità in merito ai contenuti dei propri servizi. Ancora, giusto poco tempo fa, Fazil Say, pianista di fama internazionale, viene condannato a 10 mesi di carcere (poi  sospesi) per alcuni tweet reputati offensivi per l’Islam.

Ecco allora che, se quelle grandi opere vengono viste sotto la lente dei provvedimenti restrittivi della libertà, allora diventa chiara la smania di grandiosità di un conservatorismo neo-ottomano che necessita del denaro laico ma ne ha invise le libertà, nella ormai malamente celata voglia di Erdogan di diventare Sultano, islamico e tutt’altro che moderato.

Così, quelle proteste, che vanno ben al di là di Istanbul (sono 30 le città in cui si segnalano scontri con la polizia, fra cui anche la capitale Ankara), assumono un carattere di opposizione alla restrizione della laicità della moderna repubblica turca.

Contro questa protesta la polizia non è stata tenera, nonostante alcune defezioni. La stampa occidentale la sa vedere solo come una protesta contro un centro commerciale, o contro i provvedimenti restrittivi per il consumo di birra, con sciagurati epiteti che ne sviliscono e banalizzano i veri contenuti.

Al contrario, lì, in Turchia, senza alcuna connotazione partitica, la gente è scesa in piazza proprio per difendere il carattere laico che Ataturk ha dato alla moderna repubblica turca, con un sentimento popolare che forte e spontaneo è montato nell’opinione pubblica, non più prona a vedere sacrificate quelle conquiste democratiche post-ottomane sull’altare di templi o mercati selvaggi.

E la cura della propria democrazia è talmente tanta, in questa gente, che essi stessi provvedono addirittura a ripulire Gezi Park dopo gli scontri…

Il portale Tumblr ha aperto uno spazio dove ospita una collezione di immagini per lo meno relative agli scontri di Istanbul, consultabile al sito http://occupygezipics.tumblr.com/