Berlusconi, la "Guerra dei vent'anni" e gli italiani

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Dopo la sentenza di primo grado nel cosiddetto "Processo Ruby 1", non si parla d'altro che dei 7 anni (6 anni per concussione più 1 per prostituzione minorile) comminati a Silvio Berlusconi con l'aggravante dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Non solo opinionisti o giornalisti, ma anche l'attenzione dell'uomo comune vi è completamente immersa: d'un colpo, scordata crisi economica, disoccupazione galoppante, suicidi dettati dalla disperazione, siamo tornati al tempo del "pro o contro Berlusconi".

Mi sono chiesto: perchè?
Ma come perchè, mi rispondo... non capisci? Silvio Berlusconi è il leader di uno dei due maggiori partiti di maggioranza...
Bene, ma che c'entrano le vicende personali di Silvio Berlusconi con quelle politiche di PDL e Governo?

Certo, se il PDL avesse portato a termine quella discussione interna iniziata a Settembre scorso e che lo avrebbe dovuto portare alle primarie nel Dicembre 2012, oggi parleremmo solo di una vicenda personale senza implicazioni di partito... Certo, molta della capacità economica del PDL si basa sulle fidejussioni di Silvio Berlusconi... ma tutto questo può essere sufficiente per capire le reazioni (gioiose o adirate) del cittadino medio?

C'è qualcosa in più, un aspetto socio-culturale, retaggio forse di epoche passate? Da chansonnier sulle navi da crociera, Silvio Berlusconi diviene presto uno dei maggiori imprenditori italiani ed una delle più importanti personalità del panorama politico italiano. I casi Noemi Letizia, le accuse di Veronica Lario e successivo divorzio, le "olgettine" varie e Ruby sono cronaca quasi odierna. Cosa, allora, rappresenta Silvio Berlusconi nell'immaginario collettivo? Se proprio la devo buttar lì nuda e cruda, egli è colui che dal nulla riesce ad avere ricchezze, potere, sesso, diventando l'icona (volente o nolente) dell'incarnazione del potere costituito nelle sue svariate (ed a volte lascive) forme. Si badi bene, ciò prescinde dalla volontà stessa Cavaliere (anche se ad esser sinceri, ci mette parecchio del suo): egli è solo la raffigurazione prestata all'immaginario collettivo, quella che ieri era rappresentata da Lorenzo de' Medici o, senza andare troppo indietro nel tempo, da Vittorio Emanuele II, Umberto I, Benito Mussolini...

Ma basta ciò, continuo a domandarmi? C'è una parte di me che non può e non vuol pensare che questa triviale risposta possa essere valida per tutti: e chi è (permettetemi la perifrasi) "contro Berlusconi", allora? Questa parte di me mi costringe a far appello, allora, alla memoria storica della nostra beneamata nazione, a quel periodo che ha lasciato un forte retaggio nella cultura e nella società italiana ed al quale sembriamo ancora legati da strascichi che non vogliamo abbandonare: il Medioevo.

Pensateci su un po'.

Siamo fortemente campanilisti, a memoria dei Comuni medioevali: "meglio un morto in casa che un pisano all'uscio" si dice a Lucca e non riesco a trovar migliore esempio di ciò che accade a tutte le latitudini italiane.

Siamo fortemente corporativi, a memoria delle "Corporazioni delle Arti e de' Mestieri" medioevali: il numero di albi o ordini professionali presenti in Italia (30) non si riscontra in nessun altro Paese avanzato (tra gli altri, Gran Bretagna ed USA, ad esempio, conoscono solo l'albo dei medici e quello degli avvocati).

Infine, diciamoci la verità, non siamo mai usciti dalla mentalità dei guelfi contro i ghibellini, ma perchè questo ci fa comodo, quasi ci fa star bene: allontana le responsabilità da se stessi gettandole su altri, alleggerisce la coscienza senza prendersi le responsabilità del caso ed ha a volte addirittura un'implicazione apotropaica...

Allora, ecco che, a prescindere dal "caso Berlusconi", a dover cambiare è proprio la mentalità di questa nostra nazione. Saluti a tutti.