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La premiazione all'Accademia dei Lincei: antica, credibile ma anche vetusta

Non all’altezza delle sfide attuali della comunicazione multimediale diffusa

Si è aperto l’8 novembre 2013 il 411° anno dell’Accademia Nazionale dei Lincei con la premiazione di svariati scienziati, accompagnata da relazione introduttiva scritta del Presidente dell’Accademia Lamberto Maffei. Lui ha anche concluso i lavori quel giorno.

Tale relazione mi porta a delle riflessioni serene ma puntuali. L’aula era gremita di teste bianche, tanto sapere, tante virtù, tante esperienze, ma vi è anche da chiedersi quanti di loro si siano esposti per il bene del Paese.

Magari chi si è esposto troppo viene premiato tardivamente e magari non come scienziato-accademico italiano ma meglio sarebbe come ospite straniero dell’Accademia. Se si è diversi, meglio far notare le differenze. La Scienza ha tante sfaccettature: potere, continuità, retaggio, ma anche rottura, coraggio, novità, etica scientifica nuova, difficile inter-disciplinarietà.

Già dalla seconda riga della relazione suddetta si parla di cultura, di educazione ma non di “tecnologia”. E’ piuttosto essa ad essere invasiva “scientificamente” sul territorio e sul sottosuolo, con dei paladini scientifici ormai stanchi e disarticolati, rispetto al populismo ed alla sindrome del NIMBY (non nel mio giardino…) galoppante, soprattutto in Italia. Spesso tali paladini, e mi ci metto anch'io in primis, hanno sempre meno tempo per stilare pubblicazioni internazionali e sempre di più si devono dedicare a spiegare la scienza e la tecnologia agli stakeholders, ai policymakers, agli infiniti blogs e social networks, ai cittadini sempre più desiderosi di sapere tutto e subito, anche cose molto complesse, per non parlare della loro tendenza ad approntare processi (a posteriori), anche penali su scienza e tecnologia. La mancanza di onestà intellettuale degli avvoltoi che si scagliano, a posteriori, su chi magari non riesce a prevedere eventi rischiosi, con il dettaglio dell’ora-giorno-minuto, ha devastato, fermato l’industria, che ha a che fare con il rischio sul terrotorio o sul corpo umano.

Il sapere è potere, ora più che mai, qualora i livelli decisionali vengono equiparati legalmente a quelli degli scienziati che danno pareri: ma di questa rivoluzione copernicana in corso, che è alla attenzione di innumerevoli studi legali di tutto il mondo, la ovattata Accademia Nazionale dei Lincei non ne parla nel 2013. E non ne parla dal 2009.

La relazione di Maffei continua dicendo “…il nostro Paese è noto al mondo oltre che per la sua bellezza, per la sua grande tradizione culturale…” ed io aggiungerei: “… che crolla a pezzi e che solo tecnologie e frontiere sostenibili della produzione energetica, di efficienza e di sicurezza di edifici e monumenti, possono salvare”. Parlo di ciò, che non è solo “cultura”, ma complessa scienza-tecnologica, ambientalismo tecnologico e non solo ambientalismo ideologico-culturale, molto infarcito di monitoraggio e pochissimo di rimedi, per far fronte alla crisi energetico-climatica-etico-politica in altri termini: strutturale in corso e che ci sta portando tutti, anche i settantenni accademici, nel baratro. La gente di scienza oggigiorno preferisce fare monitoraggi in Antartide della CO2 piuttosto che costruire centrali a carbone a bassa produzione di CO2: è più trendy, più turistico e più facile. Non basta più tuttò ciò, in un Paese devastato e fermo, dove si formano addirittura dei comitati NO EOLICO, oltre che ai NO TAV, NO TRIV, NO NUKE, NO GAS, etc…..

Prosegue Maffei la relazione citando: “….però oltre che diventare poveri siamo diventati ignoranti… ed io aggiungerei: “…non etici e non credibili…”. Se si pensa che la scelta della direzione di certi dipartimenti scientifici italiani va a sindaci di partiti che magari invece che fare concorsi per i propri ricercatori ed associati, preferisce spendere i soldi per foraggiare sedi e ville in comuni in cui parenti fanno ancora gli gli amministratori politici. Questo ferma la scienza, la tecnologia, la cultura… e senza reazione l’Accademia dei Lincei perde la sua credibilità ed il suo potere di impatto.

Leggendo oltre si trova scritto: “la civiltà di un Paese non è solo il suo PIL ma anche la sua maniera di vivere…” – facile ora dirlo per una generazione, di media settantenne, che ha vissuto negli allori, anche con i denari delle pensioni della generazione successiva – …di guardare i tesori del suo paesaggio, che abbiamo in abbondanza…”. Ma perché non citare Maffei anche i tesori costituiti dalle risorse, le riserve e perché non citare la necessità di minimizzare i conflitti pubblico-privati per gestire tali tesori? Nel Paese ormai prolificano i ricercatori che, per i progetti che riguardano la produzione di risorse e riserve, portano più lustro ai loro spin-off o alle loro società private, che producono strumenti di monitoraggio o mappe, piuttosto che alla pubblica ricerca, sia essa universitaria o degli EPR. Poi ormai bisogna vedere chi diventa universitario rispetto a chi rimane negli enti di ricerca: nel momento in cui si premia nelle cariche chi nelle commissioni di concorso fa vincere giovani che mettono a disposizione la propria società privata - di fratelli o padri - per far lucrare anche loro come baroni universitari - dove pensa di andare questo Paese? Senza reazione l’antico sistema “linceo” non ha difesa nella sua credibilità. E deve reagire. Subito.

L’Accademia Nazionale dei Lincei ha assegnato il Premio Curcio alla cultura 2013 “per la diffusione della cultura scientifica..” e io aggiungerei: perchè non anche a quella tecnologico-etica? Certi brevetti e pubblicazioni non necessitano di una lotta all’ultimo sangue per promuovere l’etica professionale sul campo, come avviene per certe tecnologie invasive che generano presenza di comitati avversi e comunicatori scaltri che approfittano per trarre vantaggio commerciale. In tutto questo contesto le industrie sono ormai stanche: la sepete che novità c’è? Esse non sono nazionali ma sono multinazionali e quindi delocalizzano la produzione, soprattutto da sottosuolo e ci lasciano cuocere nel nostro brodo culturale italico.

Poi andando avanti nella relazione di Maffei è citato: “… il Ministero dei Beni Culturali e delle Attività Culturali e del Turismo, benissimo…”, ma dove sono, nello scenario strategico di Maffei dell’Accademia dei Lincei, il Ministero dello Sviluppo Economico e quello dell’Ambiente e Territorio? E perche citare solo il CNR, quando vi son molti altri enti di ricerca, alcuni dei quali con risultati ANVUR molto molto migliori del CNR stesso? E tra l’altro enti che hanno reso noi ricercatori più consapevoli delle sfide e più lontani dalla logica di aprire, ad ogni costo, start-up, spin-off, società private, consorsi publico-privati, magari per vendere brevetti, lasciando, invece, il tutto, alla produzione PUBBLICA,… ai benefici PUBBLICI, più che ai benefici privati. Il silenzio della Accademia Nazionale dei Lincei per certi risultati ANVUR degli ultimi anni è assordante! Invidie? Il settimo peccato capitale è quello che porta avanti il Mondo – da sempre.

Si legge subito dopo: “… consulenza nei settori dei beni archeologici, storici, artistici, etnoantropologici, paesaggistici, librari, archivistici…”, ma con quali soldi si vuole fare questo, se la produzione, lo sviluppo economico, anche a chilometro zero o sostenibile che sia, è bistrattato, annichilito, nella relazione di questo cattedratico Maffei?

Ho dovuto recentemente referare il bando Horizon2020 nel settore energia che sembrava scritto dai figli dei fiori, anche sgrammaticato e con calls diverse in lunghezza e struttura, una dall’altra. Si vede che l’energia prodotta diffusamente ormai e con le presunte future smart grids (con quali materiali e riserve non si sa !) è frutto di tante mani, tanti installatori di micro dispositivi di pochi MWe, tante lobby che scrivono e non una mente unificante comune, e questo ancora avviene nonostante che noi faticosamente abbiamo stilato nel 2012 la SEN (Strategia Energetica Nazionale), finalmente. Nessun cenno su queste nuove sfide vi è nella relazione di Maffei.

Forse si riesce ad intravedere qualcosa solo nella nota di Maffei quando cita la Fondazione Edison: la collaborazione nel Convegno “Economia Reale e Mezzogiorno” improntato all’urgenza di costruire uno sviluppo del mezzogiorno fondato sull’economia reale e su una “logica industriale”: peccato che quei poveretti di Edison vengono addirittura “indirizzati” da certi sindaci politici su a chi affidare monitoraggi del sottosuolo, per asservire a logiche populistiche e commerciali, ormai ben evidenti sui giornali nazionali. Forse certe situazioni andrebbero notate di più dagli Accademici Lincei se vogliono continuare ad avere un minimo di credibilità e potere in questi settori - perchè sono queste situazioni che fanno scappare le industrie multinazionali dai sindaci italiani, mentre a Roma i politici delle direzioni nazionali litigano tra loro, in tutti i partiti, nessuno escluso.

E poi che si intende nella relazione di Maffei per “disaster resilience? Nessun accenno ai veri della “disaster resilience” condannati quand’anche innocenti, rispetto a certi funzionari che prendono 300.000 euro/anno, come ad esempio alcuni al Dipartimento di Protezione Civile, che magari, all’insaputa del bravo Gabrielli, alle 16:00 smettono di lavorare e magari nei week-end delegano per iscritto a colleghi di seguire le beghe di rischio: delegano via mail a colleghi che quella indennità annuale NON la prendono neppure da lontano. Tutto questo mentre la vera disaster resilience è nei precari della ricerca che fanno i turni nelle sale dove si monitora il rischio o in turni nelle navi che fanno ricerca di altissimo livello in mari stranieri, senza che nessuno ne parli, perche si preferisce parlare delle maestose navi, mai partite, della ritmare. Si invocano tanto monitoraggi maestosi: se non fosse chiaro le compagnie petrolifere o di altro tipo NON sono più disposte a pagare monitoraggi inutili, soprattutto in mare, dove costano il triplo, o non sono disposte a subire pressioni da ambientalisti non tecnologici, quando non commerciali o – peggio – ideologici retrivi. Addirittura vi è un ente di ricerca italiano che recentemente invece che far spendere i fondi della industria elettrica per ricerca utile ed urgente gli ha fatto installare inutili camere bentiche in mare, per foraggiare lobby europee del monitoraggio, a scapito dei rimedi sull’abbattimento dei cambiamenti climatici. E chi come me denuncia e si oppone a tutto questo – a favore della rapida risoluzione dei cambiamenti climatici, tramite una industria libera dai ricatti dei “monitoranti tutto” – viene escluso da concorsi e da lobby europee. Mi si dice “ma noi campiamo sui monitoraggi” … ma se sono inutili e tolgono fondi ai rimedi ingegneristici? In ogni caso vi è un particolare non da poco come suddetto: l’industria elettrica e del sottosuolo – le uniche in Italia a cui rimangono fondi - giustamente si è stufata di tutto questo e se ne è andata. Dal 2008 ad oggi – cioè da quando tutto il sistema etico si è indebolito su scala mondiale ed ancor più su scala nazionale - l’Italia ha perso il 25% delle industrie.

Allora è giusto come ha scritto Maffei “…sostenere il ruolo delle scienze umane e sociali nei programmi di finanziamento dell’Unione Europea, in particolare attraverso la collaborazione alla elaborazione del nuovo Programma Quadro Horizon 2020...” ma questo avvenga soprattutto per darci una mano – a noi scienziati-tecnologi – contro la suddetta Sindrome NIMBY e contro il conflitto di interesse pubblico-privato imperante, ad esempio in questi mega consorsi come ritmare, la cui idea originaria è giusta, ma le evoluzioni e gli abusi di potere – soprattutto nelle commissioni di concorso - è sotto gli occhi di tutti.

Sono molto citati, nella relazione Maffei, i rapporti con USA mentre sarebbe da iniziare a incentivare le relazioni internazionalicon chi sta superando nel PIL la grande mela, vale a dire iniziare a collaborare con la parte “proba” di paesi come Cina, India e Brasile: NON una parola nella relazione Maffei sulla necessità di mandare i nostri giovani precari a studiare in tali paesi o a trasferire noi cinquantenni il know how, come ho fatto recentemente a Xian, ad una conferenza internazionale sulle clean coal technologies. L’ho fatto con i miei fondi personali: nulla da Accademie come i Lincei o dallo Stato.

Poi quasi nella conclusione Maffei scrive: “… il sapere è certamente utilissimo e senza di quello non potremmo, ad esempio, godere dei benefici della tecnologia…” ma poi le persone che maggiormente contribuiscono a puntualizzare l’etica nella scienza, in campo tecnologico, sono isolate, bistrattate nei concorsi e parlo soprattutto delle tecnologie invasive nel sottosuolo, geo-risorse geo-riserve o tecnologie/ricerca nucleari o nella bioetica, che ha tante contrapposizioni, conflitti, invidie e punti di vista politici e populistici.

Subito dopo, la relazione Maffei cita l’inutile “…eccesso delle specializzazioni…”ma poi nei fatti l’Accademia Nazionale dei Lincei palesemente non premia chi nel suo curriculum vitae pubblica in maniera non iper-specialistica ma multi-disciplinare. Ragionare nella difficile maniera interdisciplinare significa formare gruppi di lavoro – a scapito all’inizio del numero di pubblicazioni – farli ragionare insieme su dati molto diversi, chimici, fisici, biologici, etc… e tutto questo pochissimi ricercatori o professori universitari lo fanno. Ai concorsi l’Impact Factor dipende dalle autocitazioni ormai o da citazioni negative e dipende dal NUMERO di pubblicazioni, ormai tutte dal titolo molto simile, per mancanza di onestà intellettuale. I grandi baroni mono-disciplinari non gradiscono: tolgono schiavi precari a loro questi manager della ricerca multidisciplinari! Ma tali “baroni ora vadano in pensione subito” chiede la Ministra Maria Chiara Carrozza: anche perché per fortuna ora l’industria premia la multidisciplinarietà e non la monotonia.

Maffei conclude scrivendo “L’uomo non è il suo conto in banca”! Bravissimo ! Ma allora dall’alto della sua posizione – che non è la nostra di cinquantenni guerrieri come vuole la campagna di comunicazione attuale di ENEL – Maffei dica una volta per tutte basta alle connivenze pubblico-privato: chi fa un mestiere non ne può fare un altro. Chi sta in commissioni decisionali – soprattutto quelle sul rischio – non può fare attività commerciali, chi dirige un ente di ricerca non può mantenere il piede in amministrazioni pubbliche infarcite dai partiti politici, tramite mogli e cognati. Queste cose costringono i magistrati e noi scienziati ad entrare nella politica per cambiarla mentre rimarremmo molto più felicemente nella scienza.

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