Calabria: ma davvero qui la donna non vale nulla?

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All'indomani della terribile tragedia di Corigliano Calabro, in cui ha trovato la morte la povera Fabiana Luzzi barbaramente accoltellata e poi arsa viva dal suo fidanzato, leggo su "Il Fatto Quotidiano" online un articolo di tal Domenico Naso, con un titolo che è tutto un programma "Calabria, la donna non vale nulla".

Tralascio il titolo e vado al corpo dell'articolo, sperando che quello sia solo un espediente per attrarre il lettore, quasi una provocazione. Ebbene no, non mi ero affatto sbagliato: la fiera del luogo comune ottocentesco rispetto alla condizione della donna in Calabria è stato condensato in questa "mirabile" (si fa per dire, ironicamente) opera dell'ingegno umano. Per fortuna che, subito dopo, la stessa testata giornalistica online dà spazio ad una sorta di controreplica, firmata da Angela Corica e titolata "Calabria, la forza delle donne".

Ebbene sì, caro Naso, in Calabria, se nessuno te lo ha mai comunicato, esistono donne che hanno alzato la testa e che portano cognomi pesanti: Lea Garofalo, Giuseppina Pesce, Maria Concetta Cacciola.

Personalmente, penso che l'articolo del Naso sia da denuncia, che il tizio stesso in questione sia da denuncia. Ciò che ha scritto è una diffamante boiata contro le donne calabresi, il tipico "maschio" medio calabrese. Ha fatto di tutta l'erba un fascio. Ha pompato qualche vicenda personale (di un qualche sperduto paesino pedemontano in cui vive) in una grande menzogna generalista.

Non ho mai visto donne picchiate dai fidanzati o costrette a non andare a scuola o vincolate dai fidanzamenti di famiglia. Da 25 anni, da quando ossia sono nato, vivo in Calabria ed ogni giorno della mia vita ho avuto l'onore di conoscere principalmente donne. Donne intelligenti, in gamba, attive e sportive, curiose e colte.

E donne libere.

Libere come la Calabria che, al contrario di quello che molti pensano essere schiava della 'ndrangheta, è invece schiava del suo stesso popolo, o meglio di quella parte di popolo incivile e ignorante. Già, ignorante. La nostra regione è quella in Italia dove si leggono meno libri e dove meno si investe in cultura, scuola e università; e non è certo colpa della 'ndrangheta. E fintanto che tizi come questo spacciano vicende locali e isolate per realtà diffusa e fintanto che migliaia di altri ignoranti gli corrono dietro, la Calabria rimarrà sempre e solo terra di 'ndrangheta.