“Io son colei che mi si crede”. Liberi pensieri su verità, società e democrazia

Dettagli

Pubblicato Mercoledì, 05 Giugno 2013 09:54

Scritto da Francesco Maiorana

Visite: 4154

E quando il cielo si colora di scuro il pensiero si fa più libero e viene a bussare, e allora su tiriamo anche noi giù due righe senza pretesa alcuna se non la voglia di raccontare.

“Io son colei che mi si crede” faceva dire Pirandello ad un suo personaggio in Cosi è (se vi pare). La verità, forse mai come all'oggi, è ben descritta da questa frase. La verità non più oggettiva ma soggettiva alla visione che ognuno ha del mondo.

Da questo piccolo assunto parte l’analisi del libero pensiero poiché si che è libero ma tanto confuso si sente lo stesso a sentir quante assunte verità soggettive sovrastano le povere menti all’oggi senza che le stesse diano soluzione alla matassa.

Lungi da noi (io e il pensiero che si dice libero) l’idea di cadere nella semantica, e nella filologia termini che già a stento comprendiamo nè intendiamo assurgere a cercator del vero tra tante presunte verità.

Tuttavia come sempre si parte da lontano per dar vita al quadretto quotidiano.

E che sia Italia, Europa, Mondo il quadro non cambia, la verità dipende dal lato da cui la vedi. Per essere attuali facciamo un esempio: se sei Erdogan sei un grande statista ma se sei a difendere il Gezy Park (o meglio la laica democrazia turca) Erdogan diventa un fanatico dittatore minaccia della democrazia (sia chiaro son di parte e faccio il tifo per Gezy Park ... ah! la verità!!!)

Quante verità dunque, tutti ladri, no tutti onesti, no tutti bugiardi, no tutti prezzolati, no tutti da buttare. Si tutti tranne noi (o tranne me). Eccola la verità che sembra comparire da tante verità: la verità dell’io son meglio e tu sei peggio.

"Giornalisti se parlate bene di me avete compreso, altrimenti prezzolati."
"Giudici se non indagate le mie presunte malefatte, siete degli ottimi funzionari altrimenti prezzolati e di parte."
"Politici se state con me e non siete politici siete bravi altrimenti farabutti della casta."
"Elettori se votate me siete la parte onesta del paese altrimenti popolo bue e complice di ogni male."
"La democrazia o premia me o … non è democrazia è inganno."
“Io son colei che mi si crede” e se credi a quel che credo io sei nel giusto.

Non è una dialettica quella che vediamo ma uno scontro di verità che in quanto tali per imporsi non possono che avversarsi l’una con l’altra. Non vi è ricerca, nè ascolto dell’altro del “diverso” o tutti da una parte o tutti dall'altra e per tanto tutti divisi anche quando si è uniti.

Ecco la cultura che vede l’occhio del mio pensiero, nessuna sintesi, nessun compromesso (parola divenuta abbietta) ma tutti contro tutti purché vinca la propria verità.

Da questo come nasce un processo democratico?

Semplice; non nasce, dissi da altre parti che l’idea democratica non è il frutto di un pensiero unico ma dalla sintesi delle idee che insieme reggono una società. Ecco cosa manca ai nostri giorni.

Tutti detentori di una verità ineluttabile, nessuno disponibile ad un dialogo poiché prevale l’idea del nemico da abbattere. Indubbiamente questo atteggiamento di livore è sintomatico di una società malata, di una società sofferente colpita nelle sue sicurezze o ancor peggio che ha perso punti di appoggio e valori su cui porre le proprie speranze. Tuttavia questo non può e non deve giustificare ogni deriva, che sia nel lessico come nelle azioni la violenza non paga e non è mai soluzione.

Ecco perché disapprovo ogni voce che affondando il suo artiglio sulle ferite di questa società sofferente ne esalta la parte più bassa. Il processo che dovrebbe risanare la nostra società non necessita di guru forsennati, nè di incantatori di serpenti (imbroglioni) ma di donne e uomini che dando fondo all'intelligenza sappiano mediare sulle differenze e ancor più lenire le ferite create dalle indubbie disfunzioni del sistema paese.

Noi non vogliamo per nostra verità fare prigionieri, nè epurati nè tanto meno donare ad alcuno “olio di ricino”; preferiremmo sentir parlare di soluzioni perché dire tutto e sbagliato è bene ma poi c’è l’onere di porvi rimedio. Alla gente piace che qualcuno ricordi che gli si è tolto il pan di bocca, ma poi alla lunga pretenda che quel pane gli sia anche restituito. Per far si che ciò avvenga sinceramente non bastano nè i proclami, nè spettacoli d’avanspettacolo in piazza… serve altro. Ed ecco perché io credo che la verità ci ricorda che lei è colei cui si crede, e la verità della gente è la crisi e quello in cui crederanno è vederne soluzione e vederla presto.

Il resto è teatro e non basta dire “cosi è (se vi pare)” …

Pensiero extra: proprio oggi, ascoltando una professoressa che non vuol sentirsi chiamare professoressa ma cittadina (termine già in uso nel 1789… ma quanto è nuovo, no?), ripensavo al termine “cittadino” e più che all’evento storico, o alla dotta professoressa (pardon cittadina) la memoria mi riportava alla luce un compaesano, ormai scomparso, che soleva appellare tutti con l’appellativo “cittadino”… chissà, mi son chiesto, cosa direbbe dei “cittadini” dell’oggi il buon uomo…

Alla prossima