L’otto marzo: festa, memoria, mimosa o…

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«In Italia è molto diffusa una “leggenda metropolitana” che fa risalire l'origine della festa ad un grave fatto di cronaca avvenuto negli Stati Uniti, l'incendio della fabbrica Cotton a New York nel 1908. Alcuni giorni prima dell'8 marzo, le operaie dell'industria tessile Cotton iniziarono a scioperare per protestare contro le condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero proseguì per diversi giorni finché l'8 marzo Mr. Johnson, il proprietario della fabbrica, bloccò tutte le vie di uscita. Poi allo stabilimento venne appiccato il fuoco (incendio accidentale?). Le 129 operaie prigioniere all'interno non ebbero scampo.

Questa storia è in realtà un adattamento, di un fatto realmente accaduto ma con tempi e modalità leggermente diverse. L'incendio in questione avvenne nel 1911 (quindi dopo, e non prima della tradizionale data di nascita della festa, il 1910), a New York, nella Triangle Shirtwaist Company. Le lavoratrici non erano in sciopero, ma erano state protagoniste di una importante mobilitazione, durata quattro mesi, nel 1909. L'incendio, per quanto le condizioni di sicurezza del luogo di lavoro abbiano contribuito non poco al disastro, non fu doloso. Le vittime furono oltre 140, ma non furono tutte donne, anche se per il tipo di fabbrica erano la maggior parte. I proprietari della fabbrica si chiamavano Max Blanck e Isaac Harris, vennero prosciolti nel processo penale ma persero una causa civile.»

È difficile scrivere dell’otto marzo per un uomo senza incappare nel rischio di passare per inguaribile maschilista. Tuttavia mi cimento nella speranza che le mie amiche non mi scotennino comprendendo quanto voglio esprimere in maniera molto sintetica. La memoria storica che da quanto anticipato sembra un po’ ballerina ci porta a ricordare un evento tragico e su quell’evento tragico ci aiuta ad imbastire il punto di partenza per un analisi sulla condizione della donna di ogni epoca.

Oggi molti sono i passi avanti e per chi scrive nulla di più semplice che definire inutile una giornata a tema, in quanto il diritto di parità è cosa più che acquisita. Comprendo tuttavia che il mondo non è tutto allineato su questa linea. Quindi se la giornata è utile perché riporti alla memoria mondiale ciò che ancora si deve fare affinché tale parità di diritto sia cosa acquisita, ben venga!

Tuttavia ciò che mi chiedo, preparate pure il randello care amiche, se ha significato ancora questa festa (o memoria) alle nostre latitudini e se la stessa non sia diventata mercimonio di fiori e cene al ristorante che nulla hanno a che vedere con la rivendicazione di giusti diritti.

Non vado oltre perché il terreno è spinoso e non vorrei essere nè frainteso nè battuto con mattarelli tecnologici, colgo l’occasione per dire che la vostra importanza e il vostro diritto non dovrebbe essere segnato da una data ma cosa acquisita come normalità, che la donna ha valore di per sè e questo non dovrebbe essere cosa da ricordare o di cui far memoria in un mondo civile e civilizzato.

Purtroppo cosi non è, e questo ce lo dicono le quotidiane violenze che ci tocca apprendere dai media, cosi non è se ci affacciamo con il nostro naso al di là della cultura delle civiltà occidentali (e non sempre), cosi non è ogni volta si cade nei luoghi comuni che derivano da ottusa ignoranza (ma in questo anche voi non scherzate su noi uomini).

Il mio augurio care donne è che il giorno che fa memoria sia sostituito da 364 giorni di rispetto e diritto in tutto il mondo… e che l’otto marzo di un anno qualunque voi stesse ci diciate: “auguri … ma auguri di che?”

Non condividete? Ok , tranquille … mimosa e buona cena! :-)

Alla prossima…