Babele Italia: analisi semiseria dello stallo

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Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro", mi tocca scomodare la Genesi per dare un quadro ben definito di quello che ai miei occhi appare la situazione in cui ci troviamo. Non una questione di idee, ma proprio una diversità di linguaggio si è venuto a creare, una diversità cosi ampia che impossibile sembra ogni comunicazione fra interlocutori.

Là dove il paese non si è mai lesinato situazioni caotiche in cui difficile appariva qualsiasi forma di dialogo, tuttavia mai si è arrivati nella storia repubblicana a quel muro contro muro fra dialoganti (se cosi si può dire) che si tappano vicendevolmente le orecchie per non ascoltare le ragioni dell’altro. Nessuna forza, nessun partito o movimento si è mai posto nella storia repubblicana così di traverso rispetto ad ogni logica di dialogo per il bene comune.

Non fu così fra la DC e il PCI nell’immediato secondo dopoguerra, e non era certo poca cosa la diversa concezione di stato che le due forze avevano, ma nulla impedì loro di partorire insieme la Carta Costituzionale e garantire il lento recupero sociale ed economico dell’Italia post bellica. Non fu così neanche con i verdi gonfaloni dei seguaci di Alberto da Giussano e del suo carroccio.

L’Italia è divenuta una babele, lingue e pensieri che non si comprendono. Le ragioni probabilmente possiamo trovarle in una classe dirigente che negli anni è divenuta sempre più “auotreferenziata” e sempre meno autorevole. Un classe dirigente che ha fatto dell’impunità il suo gonfalone, e parlando di impunità non mi riferisco alle innumerevoli pendenze giudiziarie, che non son cosa da poco, ma a quell’atteggiamento privo di ogni autocritica di fronte ad imbarazzanti e quanto mai inaccettabili errori di indirizzo politico, economico e sociale.

Una classe dirigente che si è cullata nel potere del palazzo, dimentica della gente, quella stessa gente che oggi gli ha voltato le spalle. Una classe dirigente che come scrivemmo in altre occasioni non ha mai avuto la forza di essere guida, ma ha cercato sempre di accondiscendere con l’inganno elettorale la pancia del suo elettorato, finendo con il tradirlo all’atto pratico e ad essere dallo stesso tradito.

A voler fare un’analisi i tronconi politici espressione del voto ci danno un idea del tessuto sociale che si è venuto a creare negli ultimi vent’anni, e forse anche prima.

Si ha così da una parte elettori, sicuramente non tutti, abituati e più a loro agio con una concezione politica che sembra far leva sulla equivocità, che ad esempio ad una giusta concezione di politica fiscale preferisce un bel condono fiscale e chi si è visto se visto. Quella parte di elettorato che per bisogno o per tornaconto preferisce legare il suo destino al leader carismatico (carismatico?). Contrapposti a questo modo di concepire la gestione della cosa pubblica una parte di elettori, che tuttavia ha un suo limite nel disperdersi in liquida dialettica ed è sempre più tradita negli intenti da una classe dirigente alquanto sbiadita e a cui da con sempre minore entusiasmo la sua preferenza. Infine l’inaspettato oceano di consensi che nel tempo è diventato il popolo di coloro che è allo stremo della sopportazione e ha trovato in Grillo e nel suo movimento l’unico modo con cui farsi sentire.

Non si possono banalizzare otto milioni di voti con la sola protesta aver questa idea a mio giudizio è voler continuare a non capire. Sorridere sulla banalità un po’ naif che appare negli eletti del 5 stelle non deve in alcun modo banalizzare una cosi ampia espressione di voto popolare.

Ora passi che, come uso in Italia, a urne chiuse e scrutinate quegli otto milioni sono diventati sedici, perché quando la battaglia è vinta la cosa più facile è seguire la moda (o il carro che vince), tuttavia una analisi che non sia semplicemente di sberleffo, cosa da cui non sono immune, va fatta in maniera seria ponderata.

Il day after del dopo voto ci lascia una chiara impressione dove tutto sembra vecchio davanti a quanto è successo, e questo merito va dato al signor Beppe, ma questo elettroshock va governato “cum grano salis” e senza ansie inseguitrici, anche perché i signori dei partiti sembrerebbero comunque quelli del dopo e finirebbero anzi con il rafforzare agli occhi della gente che l’idea “GRILLO” è quella giusta. La tentazione all'inseguimento non dovrebbe essere praticata ancor più perché, a voler essere magnanimi. ci sono enormi lacune dal punto di vista della fattibilità nel progetto Grillo-Casaleggio.

Il quadro all’oggi non lascia bene sperare: i furbi sono li in attesa, i sonnambuli avanzano timide proposte senza il dovuto coraggio innovativo e i vincitori nicchiano sapendo che comunque all’oggi ogni errore dei primi e dei secondi finirebbe con l’essere un vantaggio per loro.

In definitiva si sono imbrigliate e imbrogliate le lingue proprio come la Babele della Genesi.

La nostra Babele è il frutto di una classe dirigente che si ostina a non capire che la gente si è stancata della loro “autoreferenza” e che in un modo o nell’altro vuol tornare ad essere protagonista, e se è vero, come ho letto da qualche parte che ancora il 75% non ha votato Grillo io metterei un accento sul fatto che all’italiano basta poco per cambiare idea e non per forza nel senso che si spera. Dopo tutto l’unico regime di cui si ha memoria entro in parlamento con soli 35 deputati (1921) in una situazione sociale non meno disperata della nostra, il resto è storia.

La storia di oggi ci dà un movimento non allineato con una pattuglia di deputati e senatori ben più ampia. Certo mi si potrebbe obbiettare che tocca capire quanto sono in amalgama fra di loro, mi si potrebbe ricordare che la nostra è una democrazia matura, tuttavia non sottovaluterei troppo la situazione. Dovessi decidere io, e per grazia non è cosi, cercherei di superare la babele attuale non tanto inseguendo e comprendendo il “grillismo” (arduo compito e per me senza soluzione), ma cercando di comprendere i segnali di malcontento tra la gente, lanciando un segnale forte che parta innanzitutto da una sana autocritica e non di difesa delle posizioni, perché quello la gente non lo comprende più. Cavalcare la tigre e scendere nel cuore delle cose avendo a cuore prima l’interesse dei più che quello dei pochi.

Giacché forse questo è il punto: siamo una babele che ancora si stupisce del fatto che non ci si comprende più, senza capire che probabilmente questo accade perché non ci si ascolta più. Siamo sempre più tifosi che cittadini, sempre e continuamente in campagna elettorale perché è più facile parlare, e parlare senza volersi capire, che governare.

E se la babele non trova una sua soluzione il rischio è il collasso, una conseguenza probabile i forconi di certo nulla di buono per l’Italia.

In questo clima attendiamo con ansia le riflessioni, che speriamo sagge, del presidente Napolitano. Attendiamo le sue indicazioni consci che il mondo non finì al tempo di Babele e sicuramente non finirà con questa nuova babele. Rimaniamo tuttavia con la scarsa propensione a scherzarci su con troppa banale superficialità perché convinti che non c’è democratica soluzione dietro chi blandisce la rabbia del popolo come dissuasione.

E intanto la recessione non aspetta…