Finanziamenti pubblici: due parole controcorrente

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Oggi voglio trattare di finanziamenti pubblici, scrivendo qualche parola controcorrente rispetto a quello che sembra essere il “comune sentire” in voga, anche in persone che ritengo assennate come Matteo Renzi. Non sarà un discorso lungo, trattando solo di partiti ed editoria.

Iniziamo dal finanziamento pubblico ai partiti. Quando, nella storia repubblicana, venne introdotto, a ben guardare lo si fece in stretta relazione con quell'articolo 67 della Costituzione, secondo cui il parlamentare (e per estensione concettuale ogni amministratore) deve agire nell'interesse della Nazione e non di chi lo ha eletto o del capo-popolo che lo ha lì piazzato.

Esso venne, poi, abrogato per via referendaria sulla scia dell'inchiesta Mani Pulite, ma reintrodotto per via parlamentare sotto forma di rimborsi elettorali, con un pateracchio di legge che prevede uno stanziamento statale forfettario, suddiviso poi sulla base delle percentuali di voto prese fra i vari partiti, coalizioni e movimenti a patto che si siano superate soglie di sbarramento del 2% (se non erro). Nasce così il vulnus che, a fronte di una spesa X, si ottenga un rimborso Y di gran lunga maggiore.

Poichè, inutile far gli gnorri, far politica costa (perchè costa spostarsi sul territorio per incontrare la gente, perchè costano gli spostamenti istituzionali, etc...), l'abolizione di una forma di finanziamento pubblico porterebbe, però, a due strade:

  1. solo le persone danarose potrebbero far politica, tornando praticamente indietro nella storia all'epoca monarchica italiana della fine '800 – inizi '900;

  2. il finanziamento pubblico verrebbe sostituito dal finanziamento privato, stile lobby USA. Adesso immaginate un candidato che viene finanziato privatamente: risponderà del suo operato ai suoi finanziatori o alla Nazione? E se fra i finanziatori c'è il tizio di Borgo a Buggiano che ha donato 50 € e la multinazionale farmaceutica che ha scucito fiori di quattrini, a chi dei due risponderà maggiormente?
    Che, poi, non c'è proprio bisogno di far riferimento agli USA: basti pensare a chi detiene le fidejussioni che consentono l'esistenza di PDL (Berlusconi), Lega Nord (Berlusconi e Bossi), UDC (Caltagirone), PD (“abbiamo una banca!”) e nemmeno il MoVimento 5 Stelle ne è esente, col fantastico duo Grillo-Casaleggio ed i loro quattrini privati derivanti anche dal blog...

Di fronte a tutto ciò, allora, onestà intellettuale vuole che si proponga un'alternativa; la mia passa attraverso una sostanziale riforma dell'attuale legge. Ovvero, i rimborsi elettorali vengano mantenuti, ma solo relativamente alle spese realmente sostenute in campagna elettorale dalle forze politiche.
Certamente mi si potrebbe obiettare che, secondo l'uso italico, fatta la legge, trovato l'inganno: si potrebbero presentare pezze d'appoggio fasulle etc... A parte il fatto che ciò si definisce peculato ed è perseguibile penalmente, non sono mica un fessacchiotto: la forma per limitare questo malcostume tutto italiano sarebbe la certificazione dei bilanci.

Essa non sarebbe attuata da enti terzi privati (abbiamo visto cosa hanno combinato gli istituti privati di certificazione nel 2011 negli USA, con l'avvio della terribile crisi economico-finanziaria che ancora viviamo), bensì direttamente dall'Agenzia delle Entrate, eventualmente dai suoi uffici regionali suddividendo così il carico di lavoro e riconoscendo la territorialità di movimenti e partiti.

Se a questo aggiungessimo anche quanto già discusso in Online tutti i finanziamenti pubblici: una norma di civiltà, allora il quadro sarebbe davvero definito.

Brevemente, voglio anche toccare il finanziamento pubblico all'editoria. Indubbiamente va rivisto e riformato, perchè ignobilmente trasformato da strumento democratico, liberale e pluralista dell'informazione a mezzo per “parcheggiare” accoliti in posti d'oro con denaro pubblico. L'abolizione, però, porterebbe ad un danno maggiore. Nell'era digitale, con la nascita di molte testate online, assistiamo ad un processo significativo: per guadagnare, tali testate hanno bisogno di accessi alle pagine. Maggiore è il numero di click, infatti, maggiore sarà l'introito pubbicitario, nonché maggiore il potere contrattuale nei confronti delle aziende di advertising. Come fare per garantirsi un alto numero di accessi? Urlare, gridare, sbeffeggiare, portare scoop vacui ed inesistenti, incrementare ridde di voci o inoculare tensioni, sospetti e complotti. Vogliamo davvero una stampa così? Allora anche tal tipo di finanziamento va ripensato, sicuramente, ma lungi dall'essere abolito.