Un punto (o quasi) per Ministero

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È passato quasi un mese dall’insediamento del Governo Enrico Letta nel pieno delle sue forze, ovvero con tanto di nomina e deleghe di viceministri e sottosegretari.

Da allora si sono susseguiti ritiri, manifestazioni, voci e proclami di intenti, ma pochi sono i provvedimenti ex novo che sono arrivati alla discussione delle Commissioni parlamentari, fatto salvo il decreto di pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione che è comunque riferentisi alla precedente legislatura ed all’attività del Governo Monti.

Non che non vi siano Ministri al lavoro, è troppa la stima che ho di alcune personalità di governo per permettermi di affermare ciò. Solo che il Governo Letta sembra farsi pericolosamente attrarre nelle sabbie mobili di due tematiche che forse maggiormente distanziano le forze politiche che lo appoggiano: il “nodo giustizia” e l’IMU.

Sembra una cosa fatta ad arte, per tenere sulla corda il Governo, in un momento in cui invece l’Italia necessita di interventi, e di interventi buoni. Per questo ho pensato, nel mio piccolo, di dire la mia con questo post, in cui scorrerò i vari ministeri indicando quello che, secondo me, dovrebbe essere il primo punto all’ordine del giorno per l’Italia.

Inizio dal Ministero dell’Interno, diretto da Angelino Alfano. D’Azeglio scriveva «Pur troppo s'è fatta l'Italia, ma non si fanno gl'Italiani». Ancora oggi, a mio avviso, D’Azeglio ha ragione. L’Italia sembra non esser mai guarita da due virus medioevali: il campanilismo e il corporativismo. La storia del secolo scorso, con il ventennio fascista, ha oltremodo aumentato questo solco, che poi è diventato gigante nel periodo del terrore e degli anni di piombo. Gli italiani dovrebbero trovare una pacificazione nazionale, fare i conti in maniera obiettiva e serena col proprio passato. Ciò, però, può essere fatto se si conosce appieno tal passato. Allora il Ministro inizi ad operare per diradare la nebbia che avvolge i misteri italiani, da Ustica a Piazza Fontana, dalla Stazione di Bologna al rapimento Moro (e la trattativa Stato-Mafia, presunta o vera, perchè no?). Faccia, poi, partire una ristrutturazione delle forze di polizia nel nostro Paese, per dare maggiori mezzi, risorse, capacità di intervento e coordinamento fra i nuclei.

Passo agli Esteri. A capo della Farnesina siede Emma Bonino, già stata membro della Commissione Europea. Bene, nella sua qualità di ministro, avvii la discussione in ambito europeo per un’integrazione della politica estera fra i vari Paesi dell’Unione, che abbia anche un processo di intervento in sede Nato ed ONU. Ciò evidentemente implica una revisione dei seggi permanenti... ciò evidentemente impone una certa "rispettabilità" internazionale del nostro Paese.

Sempre di Europa parlo nel contesto del Ministero della Difesa, guidato da Mario Mauro. La politica europea non può prescindere da un’unificazione delle funzioni difensive dei vari Paesi dell’Unione Europea. Una revisione degli eserciti nazionali, che sono via via andati verso il professionismo, non può avere altro sfogo se non in truppe altamente formate non solo militarmente, ma anche culturalmente, in un quadro di coordinamento continentale. La funzione dell’esercito si è nel tempo modificata con gli interventi di peace keeping internazionali: in questo alveo, l’esercito non può non essere formato da elementi equilibrati, addestrati all’intervento militare ma anche alle relazioni con le popolazioni locali. Ah, quasi dimenticavo: si smetta di utilizzare l’esercito con funzioni di ordine pubblico: «Esercito e polizia sono due corpi ben separati. L'esercito combatte i nemici dello Stato, la polizia serve a proteggere il popolo. Quando entrambe le cose le fa l'esercito, allora il nemico dello Stato tende a diventare il popolo» (citazione).

Da tutto ciò, ovviamente, non può prescindere il Ministro agli Affari Europei, Enzo Moavero Milanesi, coadiutore delle attività precedentemente esposte ma anche propugnatore di una nuova idea di integrazione europea, che riesca a coniugare in sè rispetto delle diversità e valorizzazione degli elementi unificanti. L'Unione Europea non è e non può essere ridotta solo all'Euro o alla BCE; seguendo il disegno dei padri fondatori, va ben oltre. Vorrei più Europa, ma che abbia gli strumenti per incidere sullo sviluppo del continente e non sia ingessata nei criteri economico-finanziari... e non rinneghi, nè dimentichi le sue radici giudaico-cristiane.

Ministero della Giustizia, ministro Anna Maria Cancellieri. Qui mi voglio esprimere sinteticamente ma efficacemente, onde evitare polemiche inutili. Sarò laico; punto fondamentale, secondo me, è che la giustizia nel nostro Paese vada sì riformata, ma in tre termini: certezza della pena, metodi alternativi di pena, celerità dei processi. La giustizia non è una scure che si scaglia sulla testa di chi commette un reato, ma diventi un elemento certo di recupero e di “riappacificazione” verso il resto della società per chi commette un crimine, ovvero un elemento certo di difesa della società da chi questo recupero lo disdegna. Questo va fatto per il bene di tutti i cittadini, altro che di uno solo

A questo punto, ci tengo a precisare una cosa: per troppo tempo in Italia si è incentrato sulle cose ciò che si doveva invece focalizzare sulle persone, e viceversa.
Così in termini di Economia (Fabrizio Saccomanni) e Lavoro e Politiche Sociali (Enrico Giovannini), si intervenga per spostare la tassazione dalle persone alle cose, mentre la dignità della persona torni ad essere al centro del mondo del lavoro.
Altra cosa: in Italia, ciò che non abbiamo mai avuto è un vero “capitalismo”, ovvero grandi capitali di rischio. I grandi gruppi aziendali italiani sono figli delle ex Partecipazioni Statali, generando un sistema capitalista evidentemente bacato. Il “capitale di rischio” esiste solo per i piccoli e medi imprenditori, schiacciati dalla odierna crisi e dalla chiusura del credito bancario. Capite che, evidentemente, se le banche non riaprono il credito all’unico capitale di rischio esistente in Italia, quello delle PMI, il nostro sistema è bello e fritto.

Non viene meno a questa filosofia anche la Salute (Beatrice Lorenzin). Seppur in Italia la sanità è pubblica, essa è di fatto aziendalizzata, vedasi le ASL (Aziende Sanitarie Locali), oppure gli ospedali trasformati in Aziende Ospedaliere. Ciò genera un vulnus tutto italiano: una sanità pubblica in cui la politica entra pesantemente nelle nomine dirigenziali e non sempre con metodi meritocratici. Così l’efficienza sanitaria spesso si esercita sulla pelle dei degenti. Il sistema, poi, delle convenzioni con Sistema Sanitario Nazionale è totalmente da riverificare se non abolire, in quanto sposta ancora l’attenzione dalla cura del paziente al mantenimento degli standard per il profitto. Allora, il profitto esca dalla sanità pubblica e si volga l’attenzione alle cure pubbliche di qualità; benvenuta anche sia la sanità privata, ma il “privato” sia effettivamente tale.

Nemmeno Istruzione e Università (Maria Chiara Carrozza) prescindono dalla medesima filosofia. La scuola pubblica sia potenziata, dotata di strumenti, focalizzata sugli studenti e sulla valorizzazione dei docenti e dell’insegnamento. A scanso di equivoci, ritengo che l’istruzione sia fondamentale in un Paese civilizzato. Essa serve per permettere alle future generazioni di “pensare con la propria testa”. Questo è un elemento fondamentale per la democrazia. Istruzione ed Università diventano, così, elementi cardine di un’attività di governo: servono per generare buone classi dirigenti future. E se, quindi, il 90% del budget del Ministero viene speso per gli stipendi degli insegnati (come lamentava un ex Ministro di Viale Trastevere), dico io, per cos’altro li vuoi usare?!? Diciamo, invece, che i tagli hanno sempre depotenziato questo settore? Non nego che non esistano anche qui gli sprechi, ma ciò non può consentire di gettare pure il bambino (letteralmente o quasi) insieme all’acqua sporca. Per ulteriori approfondimenti su Università e Ricerca, ne abbiamo anche parlato in Ricerca italiana e spesa fondi pubblici: responsabilizzarsi sul «come» per battagliare sul «quanto» e Migliorare la ricerca nazionale? Si può, migliorando la valutazione dei progetti.

Per quanto riguarda lo Sviluppo Economico (Flavio Zanonato) mi limito ad un solo, semplice ma fondamentale pensiero: organizzare una decente Strategia Energetica Nazionale. Ne abbiamo già abbondantemente parlato in diversi articoli su questo blog: Visioni strategiche scientifiche e soluzioni della crisi energetico-climatica e L'importanza della Strategia Energetica Nazionale, anche se non se ne parla. Ad essa si aggiunga una decente agenda digitale.

Per l'Integrazione (Cécile Kyenge) mi basta una sola espressione: ius soli. Con buona pace della Lega Nord, siamo già in una società multirazziale, multietnica o che dir si voglia. In Germania, lo straniero che si vuol integrare è una ricchezza; in Italia perchè non lo può essere? E perchè non può essere italiano chi nasce in Italia anche se da genitori immigrati?

Così come mi basta una sola espressione per Ambiente (Andrea Orlando) e Beni e Attività Culturali (Massimo Bray): con la cultura (ed il paesaggio, in questo caso) si mangia.

Su Infrastrutture e Trasporti (Maurizio Lupi) vorrei fare un discorso generale che parte, però, dalla mia Calabria: una Nazione è florida (e sicura) tanto più e ben collegata. La criminalità diviene florida tanto più le aree in cui agisce sono abbandonate a se stesse. Allora venga potenziata la struttura di collegamenti nazionale, su gommato e ferrato via terra, ma anche le aree portuali soprattutto del Sud (vedi Gioia Tauro) vengano rivalutate, in quanto sono geograficamente collocate in punti strategici per l'interno Mediterraneo.

L'agricoltura è forse uno dei settori del nostro Paese che non risente della recessione. Il Ministro Nunzia De Girolamo continui ad incentivare la meccanizzazione del settore e la nascita di nuove realtà tecnologicamente avanzate, recuperando e difendendo i prodotti tipici della nostra bella e variegata Italia.

Per gli Affari Regionali (Graziano Delrio) auspico una revisione degli Enti territoriali in maniera tale che il cittadino senta le Istituzioni più vicine a sè ed allo stesso tempo venga ridotta la congerie di burocrazia e di livelli decisionali, i cui interessi spesso contrastano fra loro.
Ciò, evidentemente, coinvolge anche la Coesione Territoriale (Carlo Trigilia).

La campionessa Josefa Idem si trova a dover dirigere un importante ministero, quello dello Sport e Pari Opportunità. Non ho molto da dire, sinceramente, in questo settore, se non quello di far crescere lo sport italiano (preferibilmente "spoliticizzandolo") che è mezzo di valorizzazione ed orgoglio nazionale, e quello di portare al più presto a compimento un disegno di legge che sia duro contro le discriminazioni, le persecuzioni e i crimini contro la persona: penso soprattutto a donne e bambini.

Il siciliano Gianpiero D'Alia, a capo del Ministero della Pubblica Amministrazione e Semplificazione, ha già avuto delle gatte da pelare con sottosegretari vari. A lui rivolgo l'invito di procedere in un federalismo davvero funzionale, nonchè dotare la Pubblica Amministrazione di mezzi moderni che ne semplifichino la burocrazia. Rimando a Le nuove tecnologie al servizio della Pubblica Amministrazione.

Infine due Ministeri importanti, le Riforme Costituzionali e i Rapporti col Parlamento.
Al primo, troviamo uno del nucleo dei saggi scelti da Napolitano prima della sua rielezione, Gaetano Quagliariello. A lui chiedo di non stravolgere la nostra bellissima Costituzione; eventualmente, pensare al Senato delle Regioni ridimensionando il bicameralismo perfetto del nostro Paese (cosa che farebbe venir meno anche i tranelli del porcellum). Personalmente, non stravolgerei la nostra forma di Repubblica: importare ricette dall'estero significa importarle tutte, con i loro pesi e contrappesi democratici. Mi piace ricordare, però, che ogni Nazione è figlia della sua storia: è evidente che, ad esempio, la maturazione del semipresidenzialismo francese segue un percorso storico diverso da quello italiano... diverso e non importabile...
Ai Rapporti col Parlamento troviamo, infine, Dario Franceschini. A lui rivolgo un invito, da girare a tutto il Governo: torni il Parlamento ad essere il luogo dove si fanno le leggi, non dove si ratificano quelle provenienti dal Governo. Ricordo che, nel nostro Paese, vige anche la spartizione dei poteri secondo cui quello legislativo tocca al Parlamento ed al Governo quello esecutivo...