Via del Plebiscito, Roma: in una domenica d'Agosto, la fine di un'era

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Ieri, in Via del Plebiscito a Roma, in quella che personalmente mi è apparsa poco più che una scampagnata dell'estate romana fra amici, è andato in onda l'addio di una classe dirigente al proprio leader ventennale. Quella classe dirigente che Berlusconi ha selezionato, negli anni formato, alla quale ha dato potere e visibilità, ieri ha voluto tributare gli onori al proprio “Capo” storico... Ed ognuno l'ha fatto a modo proprio: chi in tenuta casual e chi in ghingheri, chi col sorriso a 32 denti e chi col solito cipiglio...

Tutti hanno voluto salutare la fine di un'era, perchè, diciamoci la verità, di questo si è trattato ieri al di là della perpetuazione della tensione politica che i quotidiani ci vogliono propinare in questa calura d'Agosto (altrimenti, di cosa scriverebbero, solo di calciomercato?). Non lasciamoci, però, traviare dalle apparenze: ieri, la fine non è stata decretata per mano giudiziaria, ma per via politica. La fine di quest'era, infatti, non è dovuta alla sentenza della Corte di Cassazione, bensì all'assenza in piazza dei Ministri dell'attuale “Governo Enrico Letta” in quota PDL. Questo è un atto politico, il primo, se vogliamo, nella storia del centrodestra da Mani Pulite ad oggi in cui questa parte è riuscita a dissociare il proprio alveo politico dalla persona (e della personalità) preponderante ed a volte ingombrante di Silvio Berlusconi.

Ho più volte scritto, qui e sui social network, in merito a come il problema del centrodestra italiano sia stato, negli anni, legare a filo doppio la propria storia politica con le vicende personali di Berlusconi, senza avere la capacità di tenere i due piani separati per garantirsi una sussistenza post-arcoriana. Oggi, paradossalmente, l'ancora di salvataggio, l'ultima probabilmente possibile, è stata lanciata proprio dalla controparte politica ed è stata colta al volo (certamente, con i distinguo apparenti, ma non sostanziali, che i ruoli formali ricoperti hanno richiesto e consentito).

Da quel palco, però, Silvio Berlusconi ha comunque voluto dettare una linea futura, in quello che è sembrato un lascito in eredità politica ai suoi più fidati sostenitori. Esso non è tanto consistito nella sbandierata richiesta di riforma della giustizia per via elettiva, cosa che farebbe venir meno la necessaria terzietà dei giudici... Piuttosto, l'eredità politica vera sta proprio nelle bandiere apparse in Via del Plebiscito, che hanno fatto suonare il comizio di ieri come l'atto di (ri)nascita di Forza Italia. Insomma, in buona sostanza, ha voluto essere direttamente lui, Silvio Berlusconi, il fondatore, a dichiarare la scissione dal PDL dei “berluscones”, in maniera tale che questa avvenisse senza patemi, acerrime divisioni, acredini personali o dissanguanti polemiche. Con questo gesto, ieri, ha così voluto mettere d'accordo tutti, riportando in auge il vecchio simbolo, quasi a voler dire che, col PDL, si sia sbagliato. L'assenza, ieri in Via del Plebiscito, della componente storica ex AN (a parte rari casi) ha proprio voluto sancire la presa di coscienza di questo evento, di questo errore...

Che, poi, si trattasse della fine di un'era, non lo ha testimoniato solo l'atmosfera... anche il Cavaliere (o ex Cavaliere, dopo la sentenza della Cassazione?) è apparso meno incisivo, meno convincente. In poche parole, quella carica comunicativa da tutti (alleati o avversari) riconosciuta è sembrata smarrita. La cosa ancor più strana, poi, è il triplo errore evocato allorquando ha sottolineato come la sua situazione di perseguitato politico-giudiziario sia in piena continuità con Mani Pulite e la distruzione del pentapartito. Già, un triplo errore, che il Berlusconi di altri tempi non avrebbe sicuramente commesso.

Inizialmente un errore politico. Mentre, infatti, durante Mani Pulite i giudici perseguirono la classe politica dell'allora pentapartito (DC, PSI, PSDI, PLI, PRI) per illeciti compiuti nella propria qualità di dirigenti politici e non per proprio tornaconto (vedasi la lettera che Sergio Moroni scrisse prima di suicidarsi), oggi i giudici perseguono gli illeciti commessi dal cittadino Silvio Berlusconi, il quale di propria spontanea volontà decide di mischiarli col PDL facendoli diventare un caso politico.

L'errore, poi, è storico. Al di là di ogni tifoseria, è giusto ricordare come proprio l'odierna “acerrima nemica” di Berlusconi, Tiziana Parenti, condusse il filone delle tangenti rosse, giungendo alla condanna di Primo Greganti, il famoso Compagno G, a causa della reticenza del quale non fu possibile indagare alcun altro dirigente del PCI. Cosa che non avvenne ad esempio nella Democrazia Cristiana, con il maggior inquisito, il mite tesoriere Severino Citaristi, che permise invece di procedere contro il gotha della DC. Da ricordare, poi, che nella sua “discesa in campo” del '94, ponendosi come “il nuovo che avanza”, Berlusconi sosteneva le indagini giudiziarie del pool milanese, tanto da proporre ad Antonio Di Pietro un ruolo da Ministro nel suo primo Governo, senza successo. Le testimonianze si possono ritrovare nella Sintesi della storia di Tangentopoli con nomi e cognomi, nonché nei seguenti articoli: Berlusconi vuole di Pietro ministro da La Repubblica del 29 aprile 1994, Di Pietro rifiuta il Viminale da Il Corriere della Sera dell'8 maggio 1994 e Berlusconi: "ho sbagliato" da Il Corriere della Sera dell'8 maggio 1994.
Forse, in questo caso, si tratta di perdita di memoria per senilità avanzante...

L'errore è, infine, culturale. Berlusconi si è da sempre posto come l'icona del “nuovo che avanza”, mentre adesso sceglie la continuità con il passato pentapartitico, scordando che la classe dirigente odierna, allora poco più che ventenne o trentenne, che per la maggior parte costituisce la spina dorsale del centrodestra, proprio dall'azzeramento causato da Mani Pulite ha avuto modo di nascere, crescere ed occupare spazi politici. Per quanto riguarda, poi, chi veramente ha vissuto l'esperienza pentapartitica ed in quell'alveo si è formato, difficilmente accetterà di buon grado di vedersi accanto Silvio Berlusconi nella condivisione di questa eredità culturale...

La fine di un'era, pertanto. Con questo non voglio immaginare che Berlusconi accetterà di buon grado di girarsi su un fianco e morire politicamente... ma sicuramente, nel centrodestra, saranno altre le vie che la classe dirigente da lui formata intraprenderà.

Adesso è giunta l'ora di non dilazionare i tempi e di agire: Enrico Letta, adesso, non può più rimandare.