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Pensieri dall'ombrellone: responsabili, ma fino a quando?

L’ombrellone, si sa, diventa il momento d’incontro fra amici che rientrano e amici che son sempre qui. Questo dà occasione, allietandosi della frescura marina, di lasciarsi andare in amabili quanto approfondite (?) discussioni sulle più svariate tematiche, quali il sempre presente pallone, qualche pettegolezzo (gossip?!?) d’annata, qualche barzelletta, i più colti si lanciano sulla disquisizione di qualche buon libro e cosa strana tutti (e sì, accanto ad una nazione di CT … siamo tutti politologi ed esperti di cosa pubblica) non disdegnano di lasciarsi andare in iperboliche discussioni politiche.

Per non restare indietro nella disputa e non sentirti dire “aoh che fai ? e tu non venghi?” (Albertone mi perdoni) anche io mi associo alla discussione e come nella canzone dico “eccome no? Vengo … e si che vengo!!” (come dire ” mi ci mando da solo” … pardon la disgressione).

Dunque rotti gli indugi partono anche i miei pensieri dall’ombrellone che essendo da ombrellone son quel che sono ma confidiamo nella comprensione dei nostri pochi lettori.

Come al solito mi piace arrivare buon ultimo, ma qualche riga sulle vicende degli ultimi giorni la voglio scrivere anche io. Cosi senza pretesa parto dalla sentenza per arrivare al dubbio sull’utilità dell’essere responsabili ad ogni costo.

La Cassazione ha dunque pronunciato la sentenza ed è condanna definitiva per il reato di frode fiscale, rinviando a sede competente per le pene accessorie (interdizione pubblici uffici). Ora se frodi il fisco, frodi le istituzioni che rappresenti in quanto eletto dal popolo, normale conseguenza è che l’interessato si metta da parte, così giusto anche per un colpo di dignità tardiva. Normale conseguenza questa in un Paese normale: ma cosa c’è di normale in Italia ad oggi? Nulla! Allora ecco venir fuori i barricadieri, gli eserciti che si sperticano in distinguo o in denunce di attentati alla libertà. Questi sono i rappresentanti del popolo che difendo l’indifendibile (anche se il sospetto che più che il “leader amato” difendano se stessi è grande) mentre il popolo affonda nella melma più nera.

Di cosa dovremmo parlare, dunque?Di cultura dell’illegalità, di cultura del “non son stato io”, del popolo sovrano che mi vuol bene e quindi sono impunibile? Di cosa si può dissertare se del nulla si parla e si sente parlare.

Cosi chiudo il mio prologo sul signor Berlusconi e cerco di andare avanti su qualcosa che maggiormente solletica la mia mente: “Responsabilità!”

Parola che rimbomba in questi anni, bisogna essere responsabili, siamo forza responsabile, bisogna responsabilizzare. Ma a che prezzo dico io, a che prezzo e per quanto tempo sia giusto andare avanti parandosi dietro lo scudo della responsabilità. Il dibattito di questi ultimi 2 anni (ieri Monti, oggi Letta …) ci parla di responsabile impegno in favore del Paese e, dico io, sta bene se per il Paese si lavora, se nell’interesse della gente si trovassero soluzioni che siano argine alla crisi che sembra non voler mai finire alle nostre latitudini. Tuttavia se questo fare o da fare non avviene, responsabili, mi chiedo, per far cosa e perché?

Ascolto sempre con interesse il dibattito politico ed anche in questa epoca storica scalcagnata non disdegno di leggere, ascoltare, commentare quel che passano tutti i mezzi di informazione.

Stimo Enrico Letta, persona capace ed indubbiamente seria, tuttavia non posso sottacere le perplessità che sorgono nella mia mente dopo questi primi 100 giorni di governo. Per carità nessuna iperbole ma semplicemente il refrain del concetto su espresso ecco cosa direi al caro Letta: responsabili si, ma per far cosa? Dove sono i segni tangibili di questo fare, per cui val la pena rischiare? È vero o no che le decisioni più importanti per un motivo o per l’altro sono state rimandate (come scolaretti impreparati) a settembre (leggasi imu, IVA, legge elettorale et simila)? È possibile per senso di responsabilità continuare a tenere il banco insieme a chi davanti ad una sentenza della Cassazione evoca la piazza, davanti a chi ad ogni scelta che tocchi in qualche modo i propri interessi minaccia di staccare la spina?

Ha ragione Matteo Renzi non deve essere “durare” il principio dell’esecutivo ma fare e fare bene altrimenti a casa, ha ragione Civati quando sostiene che l’utile di questa indigeribile maggioranza deve essere solo una buona politica verso i cittadini in questa interminabile crisi altrimenti si vada a casa, ed infine sbaglia Epifani, ancora succube probabilmente di un certo apparato “tafazzista”, a riportare sempre e solo al centro della discussione la stucchevole vicenda “Berlusconi & C”.

Responsabili fino a quando allora?

Il giochino delle parti ha stufato, l’anomalia della destra di lotta e di governo che fa cassa elettorale con spicciola demagogia ha superato la misura quindi se la responsabilità significa tirare a campare fino al prossimo maroso e se la forza di rinnovamento è solo questa sarebbe meglio, dopo aver corretto quell'obbrobrio di legge elettorale, andare diritti al voto.

Si lasci decidere la gente e si esca da questo guado melmoso in cui siamo impantanati da troppo tempo. Sempre che il “popolo sovrano” dia segni di maggior maturità della sua classe dirigente (illuso? Probabilmente).

Questo a meno che nei prossimi giorni non vorranno stupirci con qualcosa di serio, ed invece di prospettare un autunno caldo si prospettino “novelli” provvedimenti di buona (ci accontenteremmo anche di “accettabile”) qualità.

Alla prossima

PS: per onestà intellettuale lo spunto sulla riflessione mi è stato dato durante una pedalata: mentre si faticava l’amico che pedalava con me sbotta “ma responsabili fino a quando?” (chiaro riferimento al PD). La discussione è stata molto lunga e appassionata ed io per amor di brevità ho sintetizzato il tutto in questo breve pezzo. La sintesi viene dall'ombrellone... lo spunto dalla bici… lo scritto dalla “tafana” di una giornata casalinga… questo post scriptum dal vezzo di essere in ferie e dall'amor di dilungarsi ogni tanto in descrizione…

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