Renzi ed il nuovo corso del PD: dove stanno lavoro ed economia?

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In questi giorni monta tanto la questione della revisione della legge elettorale. In prima linea, il PD col suo neo-eletto segretario, Matteo Renzi, il quale, investito del mandato rappresentativo dal "popolo delle primarie", concentra la sua iniziativa soprattutto sulla riforma delle regole elettive e sulla revisione costituzionale. In tutto questo, però, non condivido il perpetuarsi della regola "ho vinto io e qui comando io"... la politica è sintesi e rappresentatività, persino delle minoranze.

A prescindere, quindi, dalla caduta di stile con la battuta "Fassina chi?", che peraltro riprende l'originale battuta "Santoro chi?" pronunciata anni or sono niente po' po' di meno che da Massimo D'Alema (evidentemente, per il sindaco di Firenze, le battute non si rottamano, neanche quelle che si dovrebbe), gradirei molto che Renzi mettesse lo stesso spirito combattivo dell'accordo sulla legge elettorale col duo Berlusconi-Verdini nel ricercare accordi stavolta su rilancio dell'economia e sul lavoro, con chicchessia.

Ma se proprio vogliamo parlare di legge elettorale, mi chiedo: ma la sentenza della Consulta sul Porcellum, che fine ha fatto negli accordi Renzi-Berlusconi?

Leggiamo il dispositivo della sentenza dell'Alta Corte Costituzionale. Nel Porcellum, il premio di maggioranza "è foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione" e può produrre "una oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica", perché non impone "il raggiungimento di una soglia minima di voti alla lista". Tale legge elettorale delinea "un meccanismo premiale manifestamente irragionevole, il quale, da un lato, incentivando il raggiungimento di accordi tra le liste al fine di accedere al premio, si porrebbe in contraddizione con l'esigenza di assicurare la governabilità, stante la possibilità che, anche immediatamente dopo le elezioni, la coalizione beneficiaria del premio si sciolga o uno o più partiti che ne facevano parte ne escano; dall'altro, provocherebbe una alterazione degli equilibri istituzionali, tenuto conto che la maggioranza beneficiaria del premio sarebbe in grado di eleggere gli organi di garanzia che, tra l'altro, restano in carica per un tempo più lungo della legislatura".

Inoltre, le liste bloccate del Porcellum alterano il rapporto di rappresentanza tra elettori ed eletti e coartano la libertà degli elettori nell'elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, pertanto queste condizioni "rendono la disciplina in esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l'effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l'effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali)".

Ora mi chiedo: ma davvero l'escamotage del premio di maggioranza al 16% al primo turno solo al partito o coalizione che superano il 35% di preferenze, o le miniliste bloccate sui collegi, possono davvero risolvere il problema e aderire ai dettami costituzionali, che corrispondono al bene del Paese? Io direi di no, soprattutto se alla riforma delle legge elettorale segue una revisione costituzionale con l'annullamento delle prerogative del Senato nel bicameralismo perfetto.

Non nego che bisogna rendere nuovamente governabile a lungo termine questo Paese. Il discorso è che la governabilità parte anzitutto dai programmi e dall'essere credibili in ciò che si propone e per cui si chiede il voto. Poi ovviamente bisogna passare attraverso una idonea legge elettorale che non crei un "collo di bottiglia" istituzionale. Attenzione, però, a non passare dal "collo di bottiglia" al "cortocircuito" istituzionale. La paura che mi attanaglia? L'oligarchia!!!