Trasformare la crisi in opportunità

  • Stampa

Approfonditi e moderni studi su economia e socio-economia riconoscono come le attuali dinamiche economiche hanno come elemento intrinseco la ciclicità dei comportamenti e degli eventi. Kindleberger associa le crisi finanziarie ai momenti culminanti del ciclo economico, cioè in quella fase in cui il ciclo, giunto al livello massimo di espansione, si inverte, per dare inizio ad una fase di contrazione, con conseguenze che interessano l’intera economia internazionale. Secondo Minsky e Kindleberger, quindi, le crisi finanziarie si manifestano in corrispondenza dell’inversione del ciclo economico da una fase espansiva ad una di contrazione, con la conseguenza di cadute di prezzi dei titoli, fallimenti di aziende bancarie e non, deflazione e svalutazione, crollo dei mercati finanziari e valutari.

Altro orientamento è riconducibile alla teoria delle aspettative razionali, che introducono il concetto di bolla speculativa, cioè: forti rialzi dei prezzi non in linea con i fondamentali di mercato. In questo ultimo caso, le corse al ritiro dei depositi da parte delle persone non troverebbe spiegazione nella la paura del pubblico di insolvenza delle banche, quanto, piuttosto per operazioni speculative, dirette a conseguire un ricavo. Tali manovre speculative sono rese operative attraverso imponenti ritiri di fondi dal sistema bancario, per indurre variazioni dei prezzi dei titoli e dei tassi di interesse nella direzione desiderata.

Qualunque sia la teoria economica a cui ci si riconduce, certo è che una economia in cui si “accetta supinamente” la ciclicità delle crisi come elemento necessario, o che addirittura prevede bolle speculative per l’ingente guadagno di pochi non è più tollerabile. La ciclicità delle crisi economico/finanziarie di cui abbiamo testimonianza nei nostri giorni deve indurre il tessuto produttivo ad un approfondita riflessione sugli stessi contenuti del suo agire.

È indiscutibilmente e da tutti oggi finalmente riconosciuto che la crisi economico/finanziaria in atto a livello internazionale ha avuto e sta avendo delle ripercussioni notevoli sul profilo produttivo e occupazionale di tutta la nostra Nazione. Prendiamo la mia regione (la Calabria) che, pur non avendo mai sfavillato per sviluppo, ha in questi anni subito gli sviluppi occupazionali della crisi economico-finanziaria nelle sue più importanti realtà lavorative: ad esempio, il Porto di Gioia Tauro e Phonemedia sono situazioni note a tutti e che non possono e non devono in nessun modo passare in cavalleria.

Tutto ciò, probabilmente e senza voler essere delle Cassandre, rappresentano soltanto la punta di un iceberg che scopriremo duramente l'anno in corso.

D’altra parte, le crisi economico/finanziarie possono e debbono essere valutate come delle straordinarie opportunità per poter ripensare la stessa struttura che sta alla base dell’economia, spezzando la catena di ciclicità, volgendo l’agire verso il bene comune e introducendo virtuosismi di crescita non estemporanei, ma pianificati e finalizzati alla crescita della società nel suo complesso. Nella fattispecie, pertanto, una economia che non modernizza se stessa attraverso adeguati percorsi di ricerca ed innovazione è destinata a perseverare in tale ciclicità.

È essenziale, quindi, garantire all’innovazione e alla ricerca il ruolo di volano di sviluppo, con il fine, perché no, di poter creare poli funzionanti e funzionali di ricerca per la cosiddetta economia globale. È d’obbligo costruire e quindi scommettere sulla generazione di una Calabria che guardi al proprio sviluppo in stretta sinergia con lo sviluppo di centri di competenza, poli di innovazione (o con qualsivoglia altro nome si possano chiamare) che in sostanza non siano carrozzoni, ma che abbiano una elevata competenza atta a fornire valore aggiunto all’economia. D’altra parte, gli esempi di quelle economie che fino a ieri citavamo come emergenti, e che oggi rappresentano il nerbo di sviluppo del mondo globalizzato (es. Cina, India, Brasile, Malaysia, etc…) traggono il proprio successo giustappunto dalla scommessa, di ieri come di oggi, fatta sulla ricerca applicativa.

Tutto ciò non può essere ignorato dalle dirigenze politiche.

Nell'incipienza di una tornata elettorale, al mondo politico chiedo particolare attenzione nella gestione delle fonti pubbliche di finanziamento, ed atteggiamenti non corporativistici ma inclusivi di tutte le realtà economiche all’interno degli ingranaggi decisionali nei contesti di sostegno e valorizzazione delle imprese in termini di competitività, paradigma non fine a se stesso ma che non può non discendere da una vocazione alla ricerca.