Quel sottile puzzo di oligarchia che sale

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In questa spasmodica campagna elettorale, condotta all'insegna della rincorsa all'annuncio più riuscito, in una sorta di marketing elettorale come raramente visto in passato, una proposta viene sempre con più frequenza lanciata all'attenzione della pubblica opinione: il taglio del numero dei parlamentari.

Detto in tutta sincerità, non credo che questa sia la panacea per tutti i mali, anzi è un grosso rischio democratico. Senza giri di parole: invece di diminuire le bocche da sfamare, si diminuisca la torta da dividere.

La diminuzione del numero dei parlamentari significa restringere gli spazi democratici, accentrando sempre più il potere decisionale in un numero sempre minore di mani.

Al contrario, andrebbero ridotti gli stipendi, le agevolazioni, i benefit e i vitalizi per i politici, adeguandoli alla media europea. Quando parlo di politici, non parlo solo di parlamentari, ma anche di amministratori nei vari Enti locali (Comuni, Province, Regioni, Comunità montane, Autorità di bacino e chi più ne ha più ne metta). Ad esempio: perchè non tornare al gettone di presenza per assessori comunali e consiglieri di circoscrizione? Perchè non diminuire gli stipendi dei consiglieri regionali? E via con questo spartito, proseguendo su su fino al vertice, il Parlamento.
Si aggiunga una revisione netta del metodo di calcolo dei rimborsi elettorali, diminuendone drasticamente l'ammontare, ed una rivisitazione della legge sull'editoria che mantenga la pluralità di informazione ma non a danno e sulle spalle della pubblica utilità.

Diminuire il numero dei parlamentari senza ridurre questa “torta”, ripeto, ha la sola conseguenza di ottenere una gestione oligarchica del potere. Quando, al contrario, i nostri Padri Costituenti pensarono all'assemblea parlamentare, la vollero vasta perchè vasta potesse essere la rappresentanza della popolazione; quando pensarono la figura del parlamentare, lo vollero scevro da pressioni e inquadrarono ogni deputato e senatore quale entità pensante a se stante, tanto che all'art. 67 indicarono esplicitamente “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Certo, è vero che il porcellum ha svuotato la stessa Costituzione di tutti questi significati, creando un parlamento di nominati che sono inevitabilmente legati a chi li ha messi in condizione di occupare il dato scranno.

È pur vero che i tempi sono cambiati rispetto alle condizioni che portarono al nostro bicameralismo perfetto. Allora, oltre a diminuire la “torta”, non sarebbe meglio pensare ad una riforma elettorale che reintroduca le preferenze, ed una costituzionale che pensi a sciogliere questo bicameralismo tutto italiano?

In tal modo, anche il porcellum sarebbe svuotato da ogni pericolo di instabilità democratica, lasciando alla Camera le funzioni ad essa oggi assegnate, e ripensando il Senato come ramo parlamentare avente le funzioni relazionali fra Stato centrale ed Enti locali.