Una visione "al femminile" della ricerca scientifica

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Come da informazione statistica circolata nel CUG di INGV (Comitato di Garanzia, per le pari opportunità e quanto altro) si vorrebbe  svolgere anche con il pubblico una riflessione. Sebbene la percentuale di ricercatrici in Europa sia in aumento, la loro presenza nelle discipline e carriere scientifiche rimane ancora insufficiente. Le donne rappresentano soltanto il 33% dei ricercatori europei, il 20% dei professori ordinari e il 15,5% dei direttori delle istituzioni nel settore dell'istruzione superiore. A parlare sono i dati raccolti nell'ultima edizione dell'indagine She figures pubblicata in questi giorni dalla Commissione europea.

Secondo l'indagine, le donne rappresentano circa il 40% dei ricercatori nel settore dell'istruzione superiore, il 40% nel settore delle amministrazioni pubbliche e il 19% nelle imprese. Mentre in tutti i settori il loro numero ha conosciuto una crescita più rapida rispetto ai loro colleghi maschi (un aumento del 5,1% all'anno per le donne contro un aumento del 3,3% per gli uomini dal 2002 al 2009), le ricercatrici incontrano ancora difficoltà nel raggiungere incarichi decisionali, con una media di una sola donna ogni due uomini nei comitati scientifici e di gestione in tutta l'UE. 

Nel 2010 la percentuale di studentesse universitarie (55%) e laureate (59%) ha superato quella degli uomini, ma questi ultimi sono in numero superiore tra gli studenti di dottorato e i dottori di ricerca (le donne sono, rispettivamente, il 49% e il 46%). Inoltre, nella scala della carriera universitaria, le donne rappresentano il 44% dei ricercatori con un dottorato nei primi gradi della carriera e soltanto il 20% dei ricercatori nei gradi più alti. L'insufficiente rappresentanza delle donne è ancora più evidente in campi quali la scienza e l'ingegneria.

Un punto importante da sottolineare, al livello personale, è che le donne nella scienza sono spesso quelle che scelgono gli argomenti più difficili da studiare e da trattare in termini di: i) originalità dell'argomento, ii) conflittualità scientifica, sociale e psicologica dell'argomento da capire o addirittura da contrastare , iii) capacità di evidenziare dei conflitti di interesse negativi, non etici  e di ritorno commerciale della attività di ricerca stessa, quale ostacolo all'interesse per la ricerca pura, incondizionata e per il "bene comune";  iv)  strutturazione multidisciplinare, anche a costo di pubblicare meno - per i grandi sforzi verso il management e verso la creazione di nuove figure professionali ibride,  ma creando così  nuove sinergie prima impensabili ed orizzonti inesplorati (nel nostro campo si pensi a letture parallele e simultanee di dati geofisici, geochimici, geologici, idrogeologici, spessi letti separatamente e senza prospettive d'insieme, ma esempi analoghi si possono trovare in ogni ramo dello scibile).

Fare scelte di ricerca più difficili  - tipicamente capita al femminile  - spesso va a scapito del cosiddetto H-Index, vale a dire, alla fin fine, del numero delle pubblicazioni (che in  tutti i concorsi di ricerca pubblica è il parametro scelto arbitrariamente dai Ministri e ministeri come il preferito, e non si capisce perchè, visto che esso è parametro che semplicemente dice le volte che un ricercatore/tecnologo viene citato,  includendo anche le volte che viene citato negativamente per aver pubblicato delle cose inesatte!!!) e va invece a favore della qualità e "strategicità" delle pubblicazioni stesse. È chiaro che se un ricercatore/tecnologo ha basso H-Index ed al contempo si dedica ad argomenti stra-trattati da diecimila altri allora è chiaro che siamo sempre in presenza di mediocrità. Ma si tenga presente che i "nuovi argomenti" e le discipline scientifiche  poco esplorate ovviamente hanno minori "visite" dei potenziali "citanti" la pubblicazione medesima. Un genio o un semplice cultore/cultrice di un argomento nuovo, come fa ad esser citato/a? E magari invece - per rimanere nel nostro campo -  schiere di appartenenti ad una certa disciplina fanno ben numero per potenziali citazioni. L'emulazione del vincente è nella scienza una modalità di "branco" tipicamente maschile. Si tenga presente nel dar cariche di comando: di tempo per risolvere problemi complessi "non di branco" ne è rimasto ben poco. 

Ormai, per le sfide richieste dal Pianeta e per la domanda variegata e complessissima di beni planetari - anche sociali -  non deve più contare il numero delle pubblicazioni ma ben altro: le visioni d'insieme e la sensibilità scientifica d'insieme. Tutti o quasi i ricercatori/tecnologhi, soprattutto in una mentalità di potere "al maschile" ("avere" e non "essere") cercano voracemente, al momento attuale, di fare "numero" di pubblicazioni, con ritorno di H-Index a brevissimo termine, a costo di farlo con ripetizioni dello stesso titolo del paper da sottomettere - leggermente modificato - o su rivista leggermente diversa, come ambito. Addirittura alcuni pubblicano su Nature o su Science con delle semplici review monodisciplinari,  pensando di acquisire "potere scientifico" e "potere di controllo sulla scienza" dei giovani da mantenere - possibilmente  - precari (e altrimenti che potere è???). Nulla di più palese ... e tali soggetti sono ben subito "sgamati"...  con tutto il loro "branco" e codazzo scientifico dietro. Spesso queste son le persone che hanno interessi commerciali, speculativi, etc... invece che quelli scientifici per il bene comune: vogliono "apparire", magari a scapito di altri.

Mentre in una mentalità scientifica più al femminile - da tradurre rapidamente nelle carriere con il prossimo Ministro dell'Istruzione, che certo difficilmente potrà avere conflitti di interessi anche di genere oltre che commerciali -  "potere scientifico" è considerata la capacità di lavoro di squadra e di equipe, per risolvere magari rapidamente un problema scientifico complesso a scapito appunto di parametri "intensivi" come H-Index di pubblicazioni mono-tematiche. A tal fine utile sarebbe per il ricercatore/tecnologo di forte etica professionale, non essere in alcun comitato editoriale - per non aver il cosiddetto "voto di scambio a suon di H-Index". Cosa diversa è stare i comitati scientifici di riviste che non danno H-index e colà scambio non ve ne può essere.

Assistiamo oggi, soprattutto in Italia, nei grandi enti di ricerca, ad uno svilimento della capacità di fare ricerca di altissimo livello di tipo innovativo in squadra, che a nostro avviso, al giorno d'oggi, svilisce quel che conta di più: risolvere, anche con la ricerca complessa, i complessi problemi dell'Umanità-con Umanità, anche a costo, come Albert Einstein, di non pubblicare nulla per anni, avere H-Index nullo per anni, e poi uscir fuori con la "Teoria della Relatività" del caso. Un capo dipartimento, un presidente di ente di ricerca, un attento lettore della ricerca scientifica italiana deve ormai saper leggere oggi chi - anche nel silenzio della sua assenza dalla penna - sta preparando o ha preparato delle grandi visioni scientifiche d'insieme, aggregando scientificamente discipline e risoluzione di grandi problemi variegati, come con un puzzle dai piccolissimi pezzi: e questa capacità, signori uomini dellle commissioni universitarie, è tipicamente femminile!
Più cronache parlano di Albert Einstein come di una persona molto "femminile" nella sua sensibilità scientifica: non un "macho" della ricerca... e soprattutto egli aveva un H-Index nullo praticamente fino a quasi morte avvenuta (chi lo citava,  se nessuno prima di lui aveva scritto tale teoria???).  Addirittura si hanno casi recenti - al maschile - di professori ordinari che assumono magari ignare ricercatrici che erano in buona fede - per poi chieder loro subito dopo (o subito prima) di utilizzare della ditte di famiglia per commercializzare dei brevetti!
Ovvio che pur di entrare nel mondo della ricerca maschi o femmine che siano, qualche compromesso si è disposti a farlo, ma nel futuro si spera non sia così. Negli USA chi ha fatto la tesi di laurea nella città A, non può fare il dottorato che nella città B, o non può aver cattedra che in città C, etc... ma questo è tutto da vedere se non facilita più gli uomini... che possono spostarsi  con al seguito le giovani mogli incinte a cambiar città (cosa molto più rara da parte dei giovani mariti, che certo non si schiodano per seguire una moglie ricercatrice incinta!).

Insomma, tutto da rivedere nella riforma della Ministra Gelmini per la progressione dei professori ordinari ed associati e tutti i concorsi attuali sarebbero da azzerare, alla luce della crisi economica se pensiamo che migliaia di ricercatori italiani sono dediti a ricerca assolutamente inutile alle sfide più urgenti. La riforma Gelmini certo non ha fatto molto per promuovere la suddetta "vision femminile" della ricerca, come definita in queste righe,  e lo si è visto in diverse occasioni, soprattutto quando si è trattato di mettere persone ai posti di comando, che più convenivano seguendo vision ben diverse, con effetti sul Pese che sono sotto gli occhi di tutti: la fuga generalizzata dei cervelli

Si propone qui, al dunque, una abolizione totale di questo modo di progressione delle carriere "al maschile", l'abolizione totale di parametri H-Index o consimilari per i livelli apicali quando non accompagnati da vision manageriali e multidisciplinari di grande portata, se si vuol risolvere la crisi energetico-climatica-economica e etico-sociale del Paese o in generale del Pianeta.  Essi sono infatti parametri di giudizio semplificati assolutamente insufficienti  per far accedere a certe carriere di ricerca apicali, chi si dedica sul campo e nei laboratori, in sinergia con tante figure professionali, ad argomenti complessi,  con la massima etica professionale ed onestà intellettuale.

Esse sono e devono essere le caratteristiche principali che si addicono ai livelli apicali stessi nella ricerca (si pensi, nel caso nostro, alla previsione dei terremoti o a problemi di disaster managing di progetti energetici sul territorio a cui noi siamo più avvezzi). Altro che H-Index del "branco" magari costruito con bassissima etica e colpendo i colleghi nelle maniere più meschine!  Va premiata ormai - per come è ridotto il Paese e in generale il Pianeta - la ricerca per quegli argomenti complessi ed assolutamente di lungo termine nella risoluzione e remediation, che ha bisogno di fortissime qualità aggreganti tra skill diversi,  moltissima pazienza scientifica (tipica femminile, soprattutto nei laboratori biologici), per poter pubblicare su riviste internazionali quotate e non annoiare le case editrici o mettere al comando di enti di ricerca persone che non hanno a cuore la risoluzione del problemi urgenti tramite la scienza. È ora di dire basta o davvero tutti a casa o nei campi... a zappare, che... anche lì... ci vuol bene cervello.