Manifesto etico di politica energetica europea per una federazione alla "Hollande"

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L'occasione della tavola rotonda su CCS (CO2 Capture & Storage) del WEC Italia, quale parte del World Energy Council, in data 8 maggio 2013, è stata per me una occasione di parlare di Etica e di Europa, come la intende Hollande. Una vera nuova rivoluzione politica vuole Hollande: il vero federalismo europeo! Altro che quello padano!

La rivoluzione federativa europea di Hollande entro il 2015 è stata annunciata domenica scorsa su La Repubblica da Eugenio Scalfari. Egli ha fatto notare come ben poco i mass media ne abbiamo parlato; ancor meno si parla del fatto che tale federazione non nascerebbe senza una forte rivoluzione etica, che riguardi soprattutto la politica energetica della altrimenti "diversamente federabile Italia".

Già via Twitter per rapidità di mezzo mediatico ho spiegato che l'Italia è incastrata a mo' di "cappa velica" da una situazione fatta da un circa 30% di populisti urlanti etici ma non competenti (grillini), da un 30% di populisti "manifestanti" non etici ed a sprazzi competenti (attuale destra), il 30% più etici ma infarciti di burocrazia partitica sinistrese non eletta, ma nominata (come ho scientificamente dimostrato su Weakupnews il 29 dicembre 2012 ed accennato su Corriere della Sera di Roma il 30 dicembre).

Insomma un cocktail micidiale assolutamente inadatto a mandare avanti una politica federativa europea alla Hollande e tantomeno una politica energetico-climatica comune.

Essa è in assoluto la più indispensabile per mandare avanti la grandiosa idea di Hollande, spesso accennata nel passato anche da politici nostrani, poco urlanti ma ben preparati sul l'urgenza di una federazione politica europea (si pensi alla campagna politica di Nicola Zingaretti, ora al primo posto nei sondaggi come stile governativo, di stampo europeo avanzato).

Ma torniamo al perché senza una vision di come risolvere la crisi energetico-climatica non si risolve neanche quella politica, europea: e qui la parola "etica" torna alla ribalta.

Chicco Testa che moderava la tavola rotonda WEC suddetta aveva poco spazio per lasciar parlare noi della ricerca-scienziati, ormai in procinto di diventare politici per non implodere definitivamente; se avessimo avuto più tempo gli avremmo spiegato bene certi concetti su etica-Europa in campo energetico-scientifico e su federazione europea nel campo energetico, concetto ben diverso dall'attuale imperante "lobbismo europeo" a Bruxelles.

Un lobbismo che di fatto, a causa dei "vasi comunicanti" della globalizzazione, anch'essi spiegati molto bene da Eugenio Scalfari circa 6 mesi fa in un'altra domenica uggiosa, ha bloccato lo sviluppo europeo, con la conseguente disoccupazione che vediamo.

Anzitutto vorrei far cenno alla mancanza di etica e di "Europa" degli ambientalisti italiani: la non etica di ascoltare le persone più competenti e preparate. La scienza non improvvisata. Si pensi ad esempio alla confusione, soprattutto in Italia, sulla definizione di Green economy: fu il ricercatore statunitense Norman Borlaug, premio Nobel per la pace 1970, che riuscì a innovare le tecniche agronomiche mediante l'accoppiamento di varietà di frumento ad alto potenziale genetico con sufficiente somministrazione di fertilizzanti, acqua e altri prodotti, con un conseguente incremento importante delle rese. Approccio scientifico-tecnologico di miglioramento genetico che ha consentito una resa di frumento molto significativi.

Insomma fu una rivoluzione agronomica tecnologica, ingegneristica, biotecnologica!!! "Rivoluzione verde " = Green revolution"... non qualcosa di populistico e "verde buonista" generico, fatto di casali di campagna fuori, pannelli e pale. avulse dal resto dei 7 miliardi di persone che vogliono energia, acqua, e materie prime.
Vi è molta analogia tra quella tecnologica "green revolution" agroalimentare con la rivoluzione energetica in corso.

Gli economisti però con i loro scenari al 2050 non aiutano, non si immedesimano con noi sul campo, in questa rivoluzione energetica! Noi a cercar materie prime metalliche per le Smart Grids, a cercar siti sicuri per stoccaggi, geotermia, ore ed ore a spiegarlo alla gente, a combatter con certi (pochi) colleghi che a volte vogliono guadagnarci e fare i primi della classe, con fare ricattatorio.
I politici locali dicono in certe zone: perdiamo voti se esploriamo il sottosuolo! Ma esplorare, studiare, non è pericoloso: aggiunge conoscenza e quindi mitiga la pericolosità di eventi calamitosi. I voti necessari ai politici invece hanno ora la meglio. Sapere che questo avviene nelle regioni considerate più avanzate fa ancor più scalpore.

La mancanza di etica porta a rallentare tutto e quindi l'Italia e l'Europa, rispetto agli scenari della Road Map della IEA, facendo allontanare gli scenari economici dalla realtà geologica vissuta da noi sul campo.

D'altra parte premi Nobel di economia sono assolutamente fuori dalla realtà geologica: Robert Solow ad esempio che disse negli anni '80: "...L' economia infatti può andare avanti senza risorse naturali..." smentito poi dalla famosa frase di un Presidente della International Association of Energy Economics (http://www.iaee.org/) che disse invece, già 20 anni fa, che gli economisti energetici, compresi quelli europei, non avevano minimamente compreso la realtà geologica mondiale.

Serve un urgente controllo europeo straordinario del disaccoppiamento tra scenari economici e reale situazione sul campo.

Questo da noi passa attraverso la creazione di un forte gruppo italiano che ritorni a parlare di ricerca di materie prime, passando dalla modifica del quadro legislativo: una legge unificata su permesso esplorazione con scopi integrati. La sto preparando. Mi aiuterà un qualche funzionario parlamentare che lavora nel silenzio: i veri politici parlamentari sono loro. Non sono onorevoli. Senza nome, senza volto. In televisione non lo/la vedrete mai.

Parallelamente, sempre nel silenzio, visto che urlare non serve a nulla, il Sistema Ets (Emission Trading System) è rapidamente da modificare: una carbon tax di 30 €/tonn minimo. Vi sono forze politiche anche italiane che stanno chiedendo con difficoltà un budget di 20 €/tonn. Poi serve che le nostre produzioni siano tutelate da un calcolo del carbon footprint sui prodotti che arrivano dalla Cina o da dove che sia, se prodotti da centrali a carbone senza CCS.

Anche il Financial Times del 15 maggio 2013 sul problema del raggiungimento negli scorsi 400 ppm in atmosfera ha scritto che non vi è un governo del settore.

Altrimenti come dice oggi Confindustria, rischiamo di tornare indietro di mezzo secolo. Anche il tornado in Oklahoma parla chiaro.