Audizione al Parlamento Europeo sul futuro energetico e climatico del Pianeta: assenti i parlamentari italiani

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Questa vuole essere una cronaca vera, ma non di argomento gossip o da sfogliare dal parrucchiere, ma la cronaca di una delle pochissime audizioni al Parlamento Europeo, il 26 novembre 2013, quindi all’indomani di migliaia di morti e sfollati per eccesso di CO2 in atmosfera nelle Filippine e qualche centinaia tra sfollati e qualche morto e disperso nella nostra Sardegna e per i medesimi motivi: produzione di elettricità e risorse (cemento, raffinati, acciaio) da uso di combustibili fossili senza tecnologia CCS (CO2 Capture e Storage = Cattura e Stoccaggio di CO2) per abbattere drasticamente e rapidamente le emissioni serra.

Necessiterebbe immediatamente una carbon tax in cui la moneta CO2 valga almeno 30 € a tonnellata di CO2 evitata in atmosfera, altro che certificati bianchi, verdi, certificati CCS, la borsa di patteggio fittizio dell’Emission Trading System (ETS): un buco nell’acqua ed io lo dico e lo scrivo da dieci anni. Ci son diventata quasi nonna. A questo punto quasi mi viene da dire: moratoria delle centrali a combustibili fossili senza CCS, almeno escono fuori le teste ora silenti e con coerenza, ma poi i posti di lavoro in Italia nell’industria? Tutto mi sembra fortemente e decisamente ipocrita: se i cambiamenti climatici si devono combattere non ci possono essere incentivi diversi per le diverse tecnologie: chi emette paga. Punto. Non possono essere incentivate solo le rinnovabili. Non ci si giri troppo intorno, che son più i voli che abbiamo fatto a Bruxelles per parlare di piattaforme energetiche low carbon, sprecando CO2 in atmosfera che non far nulla in tutti questi anni di “diplomazia”. Che quello del 26 Novembre 2013 sia l’ultimo di public hearing al Parlamento Europea senza risultati: i risultati devono tradursi rapidamente in incentivi uguali alle diverse tecnologie low carbon altrimenti incentivi a nessuno e si emetta CO2 in atmosfera a volontà senza troppe ipocrisie e senza mettere le pale eoliche pure a mare ed i pannelli solari pure sulle automobili.

Da tempo spiego alla popolazione italiana (e mondiale, visto he il mese scorso l’ho fatto anche in Cina) che i grandi impianti industriali ed elettrici non bruciano pale eoliche o non smuovono vento ma bruciano combustibili fossili e producono CO2 o metano in atmosfera, ragion per cui serve in parallelo al sacrosanto sviluppo delle rinnovabili e della efficienza energetica, la tecnologia “ponte” della Cattura e Stoccaggio di CO2” (CCS), per continuare a bruciare idrocarburi senza devastare il Pianeta ulteriormente. Il bando HORIZON 2020, che ho dovuto profondamente revisionare per L’Agenzia per la Ricerca Europea, era ed è scritto con i piedi: vale a dire da specifiche lobby, senza bilanciare fondi e calls sulle diverse tecnologie in modo equo. L’industria elettrica farebbe bene ad opporsi ad un simile scempio della scienza energetica e termodinamica razionale. I morti filippini e sardi non parlano più ma vi direbbero – vista la saggezza che si acquista in Paradiso - che la velocità con cui si possono evitare in atmosfera 10 milioni di tonnellate prodotte annualmente da una centrale a carbone è 100 volte superiore alla miriade di dispositivi ad alta efficienza energetica – compresi i fon per i capelli – per evitare in atmosfera gli stessi 10 milioni di tonnellate. Per non parlare dei costi ben puntualizzati da Chicco Testa al convegno di QualEnergia all’Ara Pacis a Roma il 28 novembre 2013, ma su quella cronaca scriverò un pezzo a sé. In estrema sintesi noi geologi ed i petrolieri iniettiamo CO2nel sottosuolo, da 30 anni, con una velocità di rimozione di essa dalla atmosfera che i montatori di pale eoliche se la sognano.

Ho anche già spiegato e lo ha spiegato con me anche il Prof. Enzo Boschi – in attesa dell’appello che lo renda innocente altrimenti nessuna tecnologia di sottosuolo si potrà più fare perchè noi comunicatori scientifici costeremo troppo per le tasche di ministeri e industrie - recentemente su OrizzontiEnergia.it, che la chimera, l’abbaglio della produzione facile di “unconventional gas” dagli shale gas americani e canadesi ha distratto gli industriali e la comunità scientifica internazionale dall’implemento virtuoso e rapido della CCS, per devolvere tutte le sue energie a sradicar metano dalle argille, anche tramite la fratturazione idraulica (fracking). Rallentando il CCS e soprattutto non applicandolo ancora globalmente alle centrali a carbone, alle acciaierie, ai cementifici, alle raffinerie, ai termovalorizzatori e quanto altro di grosso emette CO2, la concentrazione di CO2 in atmosfera ha raggiunto i 400 ppm nel 2013 e tutti gli scenari virtuosi della IEA, dipinti a più mani per mantenere la variazione di temperatura entro i due gradi stanno andando al macello: gli scenari della Road Map della IEA del 2009 sono andati al macero ed i morti per catastrofe climatica stanno a guardare dall’alto, mentre si aprono autostrade in Artico per le navi petroliere a seguito dello scioglimento dei ghiacci della calotta. Tutto calcolato per chi deve sfruttare pure l’Artico (qui io e Greenpeace siamo allineati – incredibile !).

Tra l’altro la CCS è una tecnologia che non ha mai fatto morti né sfollati ed il rischio connesso è molto limitato e ben discusso in miei precedenti articoli divulgativi per il distratto popolo (che comunque a causa di tutto questo collasso energetico-climatico ha perso il lavoro) e in mia letteratura scientifica internazionale per gli addetti ai lavori (ben pochi!).


Da qui la necessita per la EU ZEP (Piattaforma Europea Zero Emissions Fossil Fuel Power Plants, www.zeroemissionsplatform.eu), di cui sono membro scientifico italiano, di svolgere il 26 novembre 2013 un necessario quanto urgente “public hearing”, per sensibilizzare verso la scienza-tecnologia CCS i parlamentari europei. Tale audizione strategica è stata stimolata soprattutto dal parlamentare Chris Davis (ALDE, UK) quale MEP (Member European Parliament) impegnato per eccellenza nel promulgare le politiche energetico-climatiche CCS, anche per mantenere il business as usual (e il “job as usual” aggiungerei io, visto che il costo dell’energia e della politica non scientifica ci hanno fatto perdere – solo in Italia dice la CISL FLAI – 500.000 posti di lavoro), vale a dire evitando ulteriori disoccupati in Europa, con tutto l’impegno che possiamo comunque mettere nelle restanti piattaforme europee parallele, vale a dire le filiere low carbon come le rinnovabili, l’aumento di efficienza energetica, le biomasse, il nucleare e quanto altro produce energia emettendo meno gas serra possibile. Nucleare in Italia non si vuole fare – come ha detto Chicco testa non ci si può più perdere la salute con tutte le mail minatorie che gli arrivarono - e quindi se eliminiamo anche carbone e gas, conviene cambiare il business as usual, compresi gli aerei da eliminare anche per gli ambientalisti, che fanno i loro viaggetti per manifestare invece che per studiare senza sosta i rimedi ai cambiamenti climatici, come facciamo noi. In ogni caso forse anch’io manifesterei per lasciare in pace l’Artico. Ma non ho tempo.

Faccio ora la cronaca meramente giornalistica della audizione in oggetto. Ma forse è meglio di no: sarebbe troppo complessa per il popolo italiano che attende il "messia" dell’8 dicembre, chiunque egli sia. Meglio che mi limiti semplicemente a fare l’appello dei Parlamentari italiani che mancavano all’audizione sulla CCS, vale a dire sulla crisi energetica climatica che tra poco dimezzerà anche il loro numero, presso tutti i parlamenti mondiali, visto che non risolvono i problemi globali a fianco di noi scienziati. I Parlamentari Europei italiani mancavano e mi piacerebbe sapere come mai: tutti dotati di uno stipendio almeno 5 volte il mio, che mancavano all’appello nella sala parlamentare, presenti invece stranieri ignoti, parlamentari “politici-tecnici” e non forse “politici-politici”, politici-immagine, che sono la maggioranza dei parlamentari italiani, vale a dire quelle persone che spesso le direzioni nazionali dei nostri partiti – in primis il PD che conosco meglio – devono “piazzare” al parlamento europeo, magari avendo solo la laurea in lettere antiche o un CV di giornalismo televisivo o a volte neanche quello, rispetto alle sfide planetarie che richiederebbero skills ed expertise tecnologiche, in questo momento nella campagna acquisti del 2014, ben diverse da queste citate. Io se avessi un sito web del PD dove candidarsi mi candiderei, ma invece decidono i saggi della direzione nazionale PD e alla direzione della ricerca e tecnologia vi è una filosofa, con tutto il rispetto e la simpatia che mi ispira. Forse è la volta buona che esco dal partito se non scelgono con rettitudine, meritocrazia scientifico-tecnica e lungimiranza, tanto non sono neanche più nel direttivo di circolo PD Mazzini, perchè il segretario di circolo ora lo fa un avvocato che non sopporta forse chi parla di problemi planetari, rispetto ai problemi del municipio romano di appartenenza. Che noia! Forse con chi arriva l’8 dicembre cambia tutto davvero. Ma non voglio parlar di politica perché io son dovuta entrare in politica-tecnica perche la scienza non aveva spazio, perchè ho visto che vanno in Parlamento quelli che non hanno perso tempo come noi a studiare per 20 anni, anche all’estero, portando il Paese nel baratro.

Il 26 novembre a Bruxelles, al public hearing in oggetto sulla CCS, alias sulle urgenze planetarie ed energetiche e della crisi delle industrie europee conseguenti, mancavano all’appello i seguenti parlamentari, la cui lista l’ho copiata dalla buca delle lettere all’edificio “Altiero Spinelli”, che si rigira nella tomba a vedere tali buche delle lettere spesso deserte e tali public hearing strategici spesso deserti: PANZERI, RENZULLI, SILVESTRIS, ZANICCHI, PATRICELLI, ROSSI, SPERONI, ZANONI, PIRILLO, SARATTO, PITTELLA, SALVINI, TATARELLA (giustificato visto che organizzò un altro public hearing sul CCS in cui mi lasciò parlare per mezzora, nel 2008), PRODI, SARTORI, TOIA, PROVERA, SASSOLI, TREMATERRA, RINALDI, SCOTTA’, UGGIAS, RIVELLINI, SCURRIA, VATTIMO, BORGHEZIO, COZZOLINO, FRIGO, MASTELLA, BORSELLINO, DE ANGELIS, FONTANA, MATERA, CANCIAN, DE CASTRO, GARDINI, MAZZONI, LARONNA, DE MARTINI, GARGANI, MILANA, CASINI, DE MITA, GUALTIERI, MORGANTI, COFFERATI, DOMENICI, IACOLINO, MOTTI, COMI, DORFMANN, DOVINE, MUSCARDINI, COSTA, FIDANZA, LA VIA, PALLONE, BERLINGUER, ALFANO, BARRACCIU, ALLAM, BARTOLOZZI, ANGELINI, BERLATO, ANTONIOZZI, BERTOT, ARLACCHI, BONANINI, BALDASSARRE, BIZZOTTO, BONSIGNORE, ANTINORO. Vale a dire mancavano tutti. Quanto mi piacerebbe parlare di politica-tecnologica energetico-climatico-etica. Spero di poterlo fare.

Sono riuscita a vedere al volo, a fine seduta, ma volava anche lui di fretta, il buon Vittorio Prodi, che da buon fisico/climatologo dovrebbe far capire agli altri qui elencati che il tempo dei balocchi è finito, che Bettino Craxi è morto da tempo, che le pensioni della nostra generazione per fare ricerca su CCS o altro se le sono mangiate le politiche dissennate degli ultimi 20 anni, che Enrico Mattei ormai è sicuro che lo hanno fatto fuori le mafie energetiche, che ormai è chiaro che vi sono i cambiamenti climatici e che è ancor più urgente che monitorarli (come fa il 70% dei ricercatori in enti di ricerca pachidermici, che ora vanno pure a braccetto con le assicurazioni obbligatorie per le case) occorre “rimediarli” tramite, in primis, la combustione dei combustibili fossili, senza emissioni serra, vale a dire con la tecnologia CCS. Chi come me o come il Prof. Boschi si espone per dirlo e scriverlo, non può essere isolato a favore di chi nel CCS vede solo il business del monitoraggio o delle assicurazioni e certo non si espone con le popolazioni, ma solo quando deve batter di cassa alla Comunità Europea, con lobby e netCO2 ben organizzate ed omnipresenti. Con onestà intellettuale siamo pochi e non possiamo essere omnipresenti.

I prossimi parlamentari europei siano scelti per favore di modo da partecipare a questo tipo di public hearing strategici, altrimenti smetterò di fare lo scienziato e mi metto a fare l’opinionista a tempo pieno e non farò sconti a nessuno: uno per uno rendiconterò come hanno speso i nostri soldi di contribuenti italiani, per venire in aereo qui a Bruxelles senza partecipare a questo tipo di public hearing, senza neanche esporsi come faccio io o come fa il Prof. Enzo Boschi, a spiegar la scienza vera di fronte alle popolazioni populiste imbestialite, di fronte ad uno stoccaggio, ad un rigassificatore, ad una centrale di cattura affiancata ad una a carbone o a gas. E si perchè se gli ambientalisti bloccano il carbone perchè non ha ancora il CCS, cari industriali, il passo è breve a bloccare anche le centrali a gas… il gas di Putin ed il gas della manna da shale americana a buon prezzo. Il buon prezzo che ha fermato la ricerca CCS, ricerca che invece si fa quando il prezzo di un combustibile emissivo serra è alto.


Per finire la cronaca, come ciliegina, spiego con una figura (sotto) quale è stato il mio intervento al public hearing del 26 novembre sul CCS, certo intervenendo dal pubblico selezionato-invitato e non dal palco (vedi foto), come quando invece il public hearing me lo organizzò, alla grande, l’Onorevole Tatarella ed il suo lungimirante staff nel 2008, presente anche l’attivissima Elisabetta Gardini di allora (uguale ad ora e non accenna a invecchiare la simpatica parlamentare europea!…. saranno i vapori euganei). Tutto è ancora su web dopo 5 lunghi anni passati a “negoziare”.

In alto nella figura che riassume il mio intervento a Bruxelles durante il public hearing vi è la situazione attuale del CCS: il “castello della produzione elettrica low carbon con CCS” nel cerchio assediato dalle 4 lobby eurovore a spese dell’industria elettrica – e quindi dei contribuenti - vale a dire: i) la lobby dei sindaci e dei presidenti di regione inebriati dal titolo V della Costituzione, con cui la fanno da padroni e ricattano tutto e tutto anche contro i politici “nazionali” (i nomi principali li ometto ma ve li potete immaginare); ii) la lobby degli ambientalisti populisti ideologici – che portano voti e consenso facile ed effimero alla suddetta lobby dei politici locali - che a malapena sanno che scavare un pozzo non crea terremoti; iii) la lobby della ricerca e aziende del monitoring e della remediation: pulsanti, omnipresenti, invidiosi, dotate di bassissima onestà intellettuale, nell’imporre monitoraggi ridondanti dei siti di stoccaggio…. per guadagnarci anche loro… in commistioni pubblico-private, che bene che ti va ci trovi il ricercatore pubblico che vende strumenti di monitoraggio in privato e magari si mette pure a comandare in un ente di ricerca o in commissioni che valutano il rischio dell’uso del sottosuolo a fini anche CCS; iv) la lobby delle assicurazioni obbligatorie, potentissima quanto improduttiva e parassita, ora convinta del business su edifici in zone a rischio, tra cui anelano di annoverare anche quelle di stoccaggio CO2 nella filiera CCS - tanto per spolpare cittadini e industrie elettriche e petrolifere imponendo di fatto una tassa privata - che va a braccetto della lobby del monitoraggio e della valutazione geologica del rischio. Anzi se i ricercatori sono precari, mettere una faglia in più per avere un premio assicurativo più elevato sarà la norma: bisogna pur mangiare. Al CNR già scrivono libri su tale business delle assicurazioni obbligatorie (vedi ultimo editoriale di Enzo Boschi su Il Foglietto Usi Rdb proprio del 26 novembre 2013).

Ma torniamo alla cronaca di Bruxelles ed a spiegare la figura che riassume il mio intervento al public hearing su CCS del 26 Novembre 2013: nella figura in basso è riportata la situazione CCS, intorno al “castello della produzione elettrica low carbon CCS” come dovrebbe essere: i) la lobby sacrosanta dei politici statisti nazionali ed europei; ); ii) la lobby sacrosanta della “terza generazione di ambientalisti” tecnologici e non populisti ideologici; iii) la lobby sacrosanta della ricerca pubblica del monitoring e della remediation, che minimizza i costi per sé e per l’industria elettrica, senza lucro, senza far comprare strumenti e camere bentiche fisse offshore del tutto inutili, ma a disposizione per i cittadini nella tecnologia CCS; iv) la lobby sacrosanta delle assicurazioni NON obbligatorie, per gli edifici in zone di stoccaggio CO2: se una cosa NON è obbligatoria, non è una tassa privata e non si crea il mercimonio del rischio.

Me ne sono andata da Bruxelles con l’idea che tutto questo deve assolutamente finire, calcolando tra me e me il carbon footprint del mio viaggio a Bruxelles, tra cherosene, metano usato dal taxi, gasolio usato dal pullman, e moltiplicando questo per tutte quelle facce da business as usual che ho visto al Parlamento Europeo. All’aeroporto di Bruxelles ho incontrato al volo Niki Vendola, gli ho stretto la mano e gli ho detto che i Parlamentari Europei Italiani al public hearing sul CCS non si erano presentati e lui mi ha detto “non importa a nessuno di quei problemi. Forse sarà lui a darmi una mano? Chiedo alla fin fine solo un pò di coerenza: se i cambiamenti climatici non sono importanti, basta con il CCS, basta con incentivi alle rinnovabili e basta a quanto altro sia low carbon. Se sono importanti invece, si incentivi tutto alla pari e con priorità si incentivi ciò che abbatte la CO2 dall’atmosfera più velocemente e con meno danni e spazio abitato e coltivato in superficie. Non ci vuole manco la laurea per capire questa semplice politica di coerenza energetico-ambientale.

Continuiamo a fare i diplomatici ? Mi sembra tanto la storia della spedizione dei rifiuti italiani all’estero.

A questo punto non mi stupirei di una moratoria pesante da parte di Greenpeace di tutte le centrali emissive, comprese quelle a gas: attenzione… non si tiri troppo la corda con le incoerenze, che poi si spezza.