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Dell'amorale morale

Dell'amorale morale

Dettagli: Pubblicato Sabato, 16 Febbraio 2013 00:34; Scritto da Francesco Maiorana; Visite: 2385

Sarà il tempo grigio, sarà la settimana che ci ha riservato non poche sorprese, saranno stati i meteoriti caduti negli Urali (con danni e feriti), sarà che, più frivolamente, si sente stritolato dall'interminabile “Sanremo”, il pensiero libero questa volta mi arriva con fare pensoso e appesantito … e senza mezzi termini batte parole sonanti (chiedo venia per lui):

Dell’amorale morale

Ho reputato sempre cosa troppo semplicistica battere due righe su di una tastiera e dare un taglio di lama su cose umane senza pensare alle conseguenze che ogni parola può avere su chi la riceve e quanto la stessa parola debba fondarsi su fatti ponderati e non su posizioni che sanno di becero pettegolezzo, ed anche stavolta non sarò da meno.

Tuttavia, un punto resta fermo nel mio pensiero, così come sulla mia tastiera mentre scrivo: la morale è cosa seria! E chi si accinge ad usarla come arma, come lama, per distinguere il suo dall'altrui agire dovrebbe fare prima due, tre passi verso sé stesso e considerare quanto quella morale non gli si ritorca contro.

Poiché, come da evangelica memoria, è sempre facile constatare la pagliuzza nell'occhio dell’altro, molto più difficile è spesso considerare la trave che c’è nel proprio.

Dunque che fare … non dire nulla, poiché tutti siamo passibili di errore? Giustificare tutto perché tutti potremmo avere una macchia che più o meno non ci rende onore?

Non è questo il punto, almeno non è questo che mi preme esprimere! Il punto è un altro: non ho mai apprezzato la morale di chi si sveglia il giorno dopo. Quella morale che troppe volte si brandisce più come bassa vendetta, che coraggiosa denuncia.

Se si vuole fare la morale sarebbe opportuno che la coraggiosa e spavalda alzata di scudi avvenisse prima e non dopo, le distanze andrebbero prese al tempo giusto e non al cader della sventura (ma “Maramaldo docet”).

Ma siamo pur sempre l’Italia e gli italiani! Siamo troppo spesso il popolo del dopo, ce lo insegna la storia: tutti (o quasi e comunque i più) monarchici, tutti fascisti (o quasi e comunque i più) poi tutti repubblicani e antifascisti, un po’ come tira il vento e la convenienza.

il dubbio che sorge davanti a un simile atteggiamento è che siamo in ritardo di una crescita civica! Troppo tempo passato ad essere sudditi o fedeli e se non è il re o il Papa di storica memoria, è il signorotto di turno, il potente di grido a farci da riparo. Troppo bisognosi della luminosa guida di qualcun altro, a cui magari dopo dare addosso, piuttosto che prenderci delle responsabilità da cittadini.

Sempre poche le voci al di fuori del coro e sempre per lo più silenziose o silenziate. Quelle voci che sono le meno ascoltate, perché la classe degli urlatori e ancor più dei volta gabbana ha maggior allenamento nel cambiar casacca e maggior spudoratezza a prender campo e spazio, là dove il tornaconto è chiaro.

Quello che ci manca il più delle volte non è una morale, ma il coraggio di metterla in campo, apertamente e al momento giusto, non a quello opportuno a noi.

Quanta facile morale avviene dopo, ma dopo, prima non sia mai.

Ma chi non si presta alla amorale morale lascia che le cose abbiano il loro corso e al luogo comune preferisce l’umana pietà.

Scrive lo scrivente: ma quant'è pesante sto pensiero libero!!! Alla prossima…