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Uno studio sugli effetti del Wi-Fi in ambienti indoor

Sommario

Lo sviluppo tecnologico nel settore delle telecomunicazioni, ha registrato, nell’ultimo decennio, una rapida espansione, soprattutto nel campo specifico delle Wireless Local Area Network (WLAN). Tale diffusione, grazie alla facilità e comodità d’uso, con l’obiettivo di consentire il trasferimento di dati ad alata velocità coprendo piccole aree (uffici, palazzi), ha però determinato una sovraesposizione quotidiana a campi elettromagnetici a radio-frequenza, con particolare riferimento agli ambienti indoor. Questo aspetto ha mobilitato agenzie e comitati pubblici per valutare l’effettivo impatto dell’esposizione a questo tipo di campi, sulla salute umana. In quest’ottica, il presente lavoro si propone di fornire una valutazione accurata, mediante l’impiego di modellistica numerica, dell’influenza dovuta all’esposizione di campi elettromagnetici (frequenza di 2,45 GHz) sul cranio umano. In particolare, il sistema modellato propone la valutazione di differenti condizioni di esposizione, focalizzando l’attenzione su due parametri (Specific Absorption Rate (SAR) e incremento di temperatura), al fine di dimostrare, per i vari casi, il rispetto dei valori limite imposti dalla normativa vigente.

Introduzione

Mentre il settore della telefonia mobile ha come obiettivo la copertura di grosse aree geografiche, le WLAN, nate allo scopo di ridurre i costi d’installazione delle normali Local Area Network (LAN) e consentire una certa mobilità dei dispositivi di rete, hanno l’obiettivo di trasferire dati ad alta velocità e di coprire piccole aree. Grazie alla loro facilità e comodità d’uso, da un paio di anni a questa parte, questo settore ha avuto una rapida diffusione nel mercato, trovando largo consenso tra la gente. D’altro canto l’incremento nell’uso di questo tipo di tecnologie ha portato a una sovraesposizione quotidiana a campi elettromagnetici (EM) a radio-frequenza sia nell’ambiente domestico sia in quello lavorativo [1, 2]. Per questo motivo molte agenzie e comitati pubblici si sono mobilitati per valutare l’effettivo impatto sulla salute umana dell’esposizione a questo tipo di campi.

Di particolare interesse è lo studio dell’influenza sulla salute dell’uomo dei campi generati dalle WLAN. Questa tecnologia è di fatto una realtà ormai comune sia in ambito domestico che pubblico; basti pensare che non è più inusuale trovare bar, locali pubblici e persino aeroporti e stazioni ferroviarie che offrono un servizio di connessione wireless alla rete internet ai propri clienti. È pertanto ragionevole chiedersi se ci siano delle controindicazioni. Basti pensare che queste reti wireless, proprio per il loro intenso utilizzo, restano attive per lunghi periodi irradiando nello spazio un campo EM a cui le persone sono esposte per tutto l’arco lavorativo della giornata. In ambito domestico addirittura, vista ormai la larga diffusione di router wireless per l’accesso a internet forniti proprio dal provider, si può supporre che i soggetti siano esposti tutto il giorno, giorno e notte, a questo tipo di campi.

Si tenga presente inoltre che la maggior parte delle WLAN attualmente opera in bande di frequenza “non licenziate” ovvero la ISM (Industrial Scientific Medical) che opera intorno alla frequenza dei 2,45 GHz e la U-NII (Unlicensed National Information Infrastructure) che opera, invece, intorno ai 5,5 GHz. Per le reti WLAN, l’istituto internazionale IEEE (Institute of Electrical and Electronics Engineers) ha pubblicato vari standard della famiglia 802.11.

Il fatto che tali bande di frequenza siano non licenziate costituisce un vantaggio perché ne permette il largo utilizzo da molteplici soggetti (anche privati) ma, anche uno svantaggio, perché, a meno di una regolamentazione al riguardo, si corre il rischio di essere pervasi da molteplici campi generati da dispositivi WLAN di persone che vogliono realizzare una loro rete wireless privata. Inoltre, per trasmettere dati, i sistemi WLAN usano per lo più antenne omnidirezionali, poste ad altezza d’uomo o, antenne direttive, fissate sul soffitto della stanza. In entrambi i casi, comunque, la persona si viene a trovare in prossimità dell’antenna radiante dove il campo assume il suo valore massimo. In particolare, oltre al contributo dovuto all’onda diretta proveniente dall’antenna, il soggetto si trova esposto all’azione delle onde generate dai fenomeni di riflessione e diffrazione dell’onda incidente con le pareti e gli oggetti della stanza. Tutto questo porta alla conclusione che sia quantomeno lecito chiedersi quali siano le possibili conseguenze sulla salute dell’uomo e, in particolare, definire dei limiti nei valori di campo EM sicuri per l’uomo [2, 3].

In tale ottica si inserisce il presente lavoro: verranno presentati i risultati derivanti dallo studio condotto al fine di valutare le conseguenze dell’esposizione a campi EM generati da un comune router usato in molti luoghi come hotspot wireless, valutando, in diverse situazioni, due parametri principali: il SAR (Specific Absorption Rate) locale e l’incremento di temperatura [1]. Verrà illustrata la metodologia numerica approcciata per il problema in esame ed infine verranno illustrati i risultati ottenuti e tratte le conclusioni.

Approccio alla fase di studio

Per approcciare al problema, occorre anzitutto fornire la definizione di dosimetria, scienza che si occupa di quantificare l’interazione tra un campo EM e un corpo biologico ad esso esposto. Il problema della dosimetria dei campi EM non ionizzanti consiste nella:

  • quantificazione della potenza assorbita da un organismo biologico immerso in un campo EM;
  • determinazione della distribuzione di tale potenza nell’organismo esposto.

I tessuti umani esposti ad un campo EM ne assorbono l’energia e sono sottoposti a diversi effetti in funzione dalla sua frequenza. La nostra attenzione sugli effetti prodotti dalle radiazioni ad alta frequenza, in particolare a 2,45 GHz, tipica di applicazioni WLAN. Nella pratica, l'analisi si riduce alla valutazione del SAR [1]:

parametro che fornisce il valore di potenza assorbita per unità di massa, dove σ rappresenta la conducibilità del tessuto cerebrale umano, ρ la densità ed E il valore di campo elettrico. Poiché la densità e il campo elettrico dipendono dal tipo di tessuto e l’uomo non è costituito da un corpo omogeneo si può preferire determinare il SAR medio. Il SAR medio è un parametro di particolare importanza, in quanto è ciò che sperimentalmente viene misurato. Esso fornisce la quantità di calore rilasciata dal corpo e dà quindi un’idea della sollecitazione termica a cui l’organismo è sottoposto. Il SAR è direttamente proporzionale alla conducibilità elettrica dei tessuti, a sua volta legata al contenuto d’acqua presente negli stessi. Ciò spiega la disomogeneità della reazione all’irraggiamento delle varie parti del corpo, anche in condizioni di esposizione omogenea; ad esempio, il tessuto muscolare e il sangue assorbono quantità di energia maggiori del tessuto osseo o del grasso. Il calore prodotto all’interno del corpo o in una parte di esso è direttamente proporzionale alla potenza assorbita, e quindi al SAR, tuttavia, l’incremento conseguente di temperatura non è necessariamente proporzionale al SAR, dato che dipende anche dal metabolismo e dalle caratteristiche termiche dei tessuti interessati, quali le proprietà attive e passive di scambiare calore. Proprio per questo aspetto, ai fini del completamento delle valutazioni, occorre tener presente le variazioni di temperatura determinate e derivate dall’esposizione.

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